RomaIl Pdl adesso sembra una coperta troppo corta. La tiri a destra per coprire i mal di pancia di alcuni ex An e scopri il ventre ad alcuni ex Fi. Morale: il partito sembra sempre più sull'orlo dell'esplosione. Ieri, dopo il vertice fiume a palazzo Grazioli, l'ipotesi scissionista da parte degli ex An sembrava raffreddata. Non esclusa, certo, ma congelata; messa in freezer e tenuta lì per ogni evenienza. Dipenderà dalla legge elettorale. Quasi tutti, in ogni caso, scommettono che se si dovesse arrivare al «colpire uniti ma marciare divisi», ciò avverrà con una sorta di separazione consensuale. Certo, nel Pdl, gli stracci volano eccome. Nel mondo ex aennino sembra prevalere la linea gasparrian-matteoliana. Ossia: «Cautela». Persino uno dei malpancisti più accesi del mondo post missino come Fabio Rampelli adesso sembra frenare sulla «cosa di destra» e cerca una via d'uscita unitaria: «Mi auguro con tutto il cuore che Berlusconi trovi il colpo d'ala. Se riesce a fare il padre nobile del partito e dà briglia sciolta ad Alfano, il Pdl può tornare a correre forte. Io lo spero». Anche un altro ex aennino come Mario Landolfi confida nel Cavaliere: «Berlusconi torni ad essere Berlusconi. Più volte ha dimostrato di saper ribaltare situazioni che sembravano compromesse - dice - Penso alle regionali del 2010. Certo, oggi la situazione è più dura. Ma se Berlusconi riuscirà a indicare la strada noi lo seguiremo tutti con convinzione». I matteoliani, poi, sono ancora più drastici nell'escludere qualsiasi ipotesi separatista. «Ormai non siamo più ex nulla. Ci sentiamo pidiellini e basta». Cinquanta sfumature di (ex) nero.
Le malelingue ex azzurre obiettano che gli ex An non strappano perché sono divisi e, da soli, non andrebbero da nessuna parte. Ma è proprio tastando il polso di qualche ex forzista che si ha la sensazione che le vene sono pericolosamente gonfie di rabbia. Isabella Bertolini, per esempio, forzitaliota della prima ora, gli esordi nella Gioventù liberale, tre legislature alle spalle, si sfoga al Giornale: «La misura è colma. Ma lo sa da quando non convochiamo il direttivo del gruppo? Da novembre. No, dico: novembre; da quando s'è insediato il governo Monti». E ancora: «Il gruppo è allo sbando e il partito lo è ancora di più. Non c'è comunicazione, non c'è linea, non c'è una direttiva, non c'è nulla. Ma le sembra normale che sosteniamo Monti, votando tutto quello che arriva in Aula, facendo gli antimontiani?». I rapporti con gli ex An? Per la Bertolini gran parte del problema sta lì: «Diciamolo con chiarezza: la nostra è stata una fusione a freddo, il Pdl non esiste più. Abbiamo amplificato le differenze tra noi. Ci siamo inquinati con logiche correntizie che non ci appartengono. Fi era un partito libero, liberale, anarchico. Quello era lo spirito giusto. Non questo». Lo sfogo di un singolo? «Macché. Come me la pensano in molti: De Camillis, Tortolì, Crosetto, Stradella, Armosino, La Loggia, Moles, Bergamini. Devo continuare?».
La Bertolini sembra far prefigurare un addio. Per ora soltanto minacciato: «Voglio solo scongiurare la fuga dei singoli. E siamo disposti a fare qualcosa per riconquistare il nostro elettorato storico che resta maggioranza nel Paese». E il problema non è neppure Berlusconi sì o no: «Chissenefrega se scende in campo. Il problema è rilanciare un messaggio politico; parlare di programmi. E non fare vertici autoreferenziali dove non si decide nulla».
Spaccatura in vista? Osvaldo Napoli spera di no: «Non è il momento di proporre nuove componenti né all'interno né all'esterno del Pdl. È ora di trasmettere unità.
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