Fallisce il blitz delle toghe alla Farnesina

MilanoIl verbale del buco nell'acqua porta la data del 23 settembre scorso, «piazzale della Farnesina 1». Agli uffici del ministero degli Esteri bussa una pattuglia della Guardia di finanza. In mano hanno un ordine emesso dalla Procura di Milano, dai pubblici ministeri Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. È un blitz a sorpresa con cui i pm delle inchieste su Berlusconi per i diritti tv cercano conferma alle clamorose rivelazioni che appena pochi giorni prima hanno ricevute dall'ex senatore del Pdl Sergio De Gregorio: le manovre con cui Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio, avrebbe cercato di stoppare le rogatorie in corso a Hong Kong contro di lui. In mano, la Procura milanese ha il verbale di De Gregorio e una lettera non firmata, che l'ex senatore attribuisce al console a Hong Kong. De Pedys nega. Ma De Pasquale è convinto che da qualche parte, al ministero, si nasconda l'originale di quella lettera, il documento che incastrerebbe il Cavaliere, e che potrebbe fare riaprire le indagini contro di lui anche nel caso Mediatrade. Così, il 20 settembre, dieci giorni dopo avere interrogato De Gregorio, i due pm milanesi decidono il blitz alla Farnesina.
La cronaca dell'insuccesso è affidata alla relazione di servizio che il comandante della pattuglia stila molte ore dopo. I finanzieri arrivano alle 8.50 del mattino, e alle 22.10 sono ancora lì, a cercare la «pistola fumante» che non trovano. In mezzo accade di tutto: telefonate transoceaniche, casseforti aperte su ordine dei pm, ambasciatori sbrandati. Saltano fuori decine di documenti sulla rogatoria ad Hong Kong: ritagli stampa, telegrammi, richieste di informazione, insomma tutta la burocrazia diplomatica che si mette in moto intorno a una vicenda di questa rilevanza. Ma il papello che De Gregorio giura di avere ricevuto, quello non si trova. C'è, effettivamente, della corrispondenza tra l'ex senatore e il nostro diplomatico: ma riguarda un tema più spicciolo, e cioè la indignazione dell'Italia per la sciagurata frase di un magistrato di Hong Kong sulla propensione dei mariti italiani a usare le maniere forti con le loro mogli. Di Agrama, purtroppo, non si parla.
Il primo funzionario della Farnesina a trovarsi davanti i finanzieri, la mattina del 23 settembre, è il capufficio Fausto Panebianco, cui viene ordinato di consegnare «ogni comunicazione tra il consolato generale di Hong Kong e il ministero degli Affari esteri relativa a richieste di assistenza giudiziaria della Procura di Milano nel periodo 2006-2011». Panebianco comincia a consegnare un primo malloppo. I finanzieri danno un'occhiata si accorgono che non c'è nulla di interessante, e avvisano i pm di Milano. Che gli dicono «cercate ancora». A quel punto viene chiamato in causa il ministro plenipotenziario Luigi Maria Vignali, che contatta immediatamente il console a Hong Kong Alessandra Schiavo e il vicedirettore per l'Asia e l'Oceania, Andrea Perugini. Passano ore, poi i diplomatici consegnano ai finanzieri dell'altra documentazione. Alle 17.

30 da Milano, De Pasquale rompe gli indugi, e fa ordinare ai funzionari di consegnare l'appunto a De Gregorio «qualora presente, in qualunque modo ed a qualunque titolo, agli atti del ministero». Da una cassaforte salta fuori altra carta, ma del papello nessuna traccia.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica