Politica

E al suo padrone di casa propose un ministero

Renzi a febbraio chiese a Carrai, che lo ospitava gratis a Firenze, di entrare nell'esecutivo

Marco Carrai all'inaugurazione del Maggio Musicale Fiorentino
Marco Carrai all'inaugurazione del Maggio Musicale Fiorentino

«No grazie, voglio continuare a fare l'imprenditore». La domanda era «lo fai il ministro? O il mio sottosegretario a Palazzo Chigi?». A farla era Matteo Renzi. E a rispondere Marco Carrai, lo storico consigliere dell'ex sindaco, costruttore e suo fund raiser, procacciatore di finanziamenti. Nonchè generoso padrone di casa di Renzi, per quasi tre anni, a gratis, nella casa in via degli Alfani pagata da Carrai ma occupata («saltuariamente» ha spiegato lo staff) dall'allora primo cittadino di Firenze. Il retroscena lo svela David Allegranti, autore per Marsilio di The Boy, una storia per tappe dell'irresistibile ascesa di Matteo Renzi, passato in pochi anni da politico di provincia a premier e segretario Pd. Anche grazie all'aiuto di Carrai, abile tessitore di relazioni, con banchieri, imprenditori e aristocrazia fiorentina. Quale ministero avesse riservato per lui Renzi non è chiaro, si sospetta lo Sviluppo Economico, poi assegnato alla Guidi. Più improbabile le Infrastrutture (la famiglia Carrai ha una società di costruzioni), prenotato con tutte le forze da Ncd. L'alternativa proposta da Renzi al fido Carrai era un posto da sottosegretario alla presidenza del Consiglio, la poltrona dei fedelissimi dove il premier ha piazzato infatti Delrio e Luca Lotti, sua ombra. Nelle ore precedenti al 21 febbraio 2014, quando Renzi uscirà stremato da due ore e mezza di braccio di ferro con Napolitano per leggere la lista definitiva dei ministri, Renzi aveva sondato molte personalità del suo giglio magico per entrare nella squadra di governo, gli animatori dei Big Bang e delle Leopolde, da Baricco a Zingales a Farinetti a Guerra patron di Luxottica, ricevendo cortesi no (salvo poi fare entrare diversi «renziani» nei cda delle partecipate del Tesoro). Un cortese rifiuto come appunto quello di Carrai. Che in quei giorni di febbraio non era ancora finito sui giornali per la vicenda - svelata da uno scoop di Libero - della casa di Firenze da lui presa in affitto e «prestata» a Renzi. Un canone, per la locazione dell'attico-mansarda dal 2011 al gennaio 2014, di complessivi 35mila euro circa, risparmiati dal sindaco di Firenze, che ha potuto così beneficiare di un comodo pied-à-terre a pochi minuti da Palazzo Vecchio gentilmente offerto dall'amico. Un grande amico, e una persona che gode della massima stima di Renzi, che già aveva nominato Carrai amministratore di Firenze Parcheggi, prima di farlo entrare nel board della Cassa di risparmio di Firenze e fino alla nomina di presidente di Aeroporti Firenze. Cariche che Carrai avrebbe dovuto mollare se avesse accettato di fare il ministro o il sottosegretario.

Il saggio di Allegranti, che da cronista del Corriere fiorentino segue Renzi fin dagli esordi, ricostruisce altri passaggi della fulminea carriera politica dell'«Obama italiano» (così lo celebrò il Time). La corsa a Palazzo Vecchio del 2009, suo vero trampolino di lancio, spianata da una inchiesta della Procura di Firenze. Renzi stravince quelle primarie, asfalta tutta la classe dirigente del Pd fiorentino e si candida già vincente a sindaco. Una manina gliela danno i magistrati, perché un candidato alle primarie con un grande seguito a Firenze, l'allora assessore «sceriffo» Graziano Cioni, in piene primarie, viene raggiunto da un avviso di garanzia per l'inchiesta sull'area Castello di proprietà Fondiaria-Sai. Nel 2013 Cioni verrà assolto, ma quando viene indagato il Pd lo fa fuori dalle primarie. «Viene da chiedersi che cosa sarebbe successo se Cioni non fosse stato costretto a ritirarsi» scrive Allegranti.

Serve anche la fortuna agli audaci.

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