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Finanza all'assalto: ora tremano Piemonte ed Emilia

Sette Consigli nel mirino dei Pm. È il federalismo del "magna magna": nessun controllo sui soldi pubblici destinati ai gruppi

Finanza all'assalto: ora tremano Piemonte ed Emilia

È il federalismo del «magna magna», la cresta standard sui fondi regionali. Così fan tutti, mica solo Fiorito. Siamo già a sette consigli regionali sotto indagine per l'uso sospetto (quando non chiaramente truffaldino) dei soldi pubblici: Sardegna, Lazio, Campania, Basilicata, Sicilia, cui si aggiungono ora Piemonte ed Emilia-Romagna. Il meccanismo è lo stesso dappertutto, i possibili reati anche. La Regione, tramite delibere dell'Ufficio di presidenza o del Consiglio, trasferisce ai gruppi consiliari generosi fondi, variabili nell'ammontare ma presenti ovunque (dai 500mila euro della Basilicata ai 14 milioni del Lazio). Nessun controllo, nessuna rendicontazione obbligatoria, nessun vincolo d'uso se non un generico «per il funzionamento dei gruppi stessi» o «per il rapporto eletto-elettore». Il capogruppo o il tesoriere decide che farne, spesso si smistano in misura uguale (di più ai capigruppo) ai consiglieri, che si trovano così un bonus di qualche migliaio di euro in più a fine mese, oltre la normale busta paga (8mila euro in media).

Il primo Consiglio regionale raggiunto dalle volanti della Gdf non è stato quello laziale, ma quello sardo. Indagine sui conti della precedente legislatura (quella Soru, 2004-2009) e arrivata adesso alla richiesta di rinvio a giudizio di 17 consiglieri regionali, che si erano autoassegnati 2500 euro in più al mese, prendendoli dai fondi del gruppo. Parte del denaro sarebbe stato anche utilizzato per spese personali: auto, vestiti, bollette, viaggi e cene. Un ex consigliere si è addirittura fatto montare i sensori del parcheggio sull'auto, giustificandola come spesa per facilitare la sua attività politica sul territorio. Quindi la Basilicata, con quattro consiglieri rinviati a giudizio per falso e truffa sui rimborsi chilometrici. Poi il Lazio, con il Fiorito-gate per cui i pm di Roma ora ipotizzano anche l'associazione a delinquere, oltre al peculato. E quindi la Sicilia, dove la Procura di Palermo sta analizzando le spese del parlamentino siculo per i gruppi (12 milioni l'anno) e per la presidenza della Regione, del dimissionario Lombardo, le cui uscite sono passate da 200mila a quasi 500mila euro.

Poi la Gdf ha fatto visita al Consiglio regionale della Campania, dove sono stati acquisiti i documenti sul finanziamento dei gruppi. All'attenzione dei magistrati ci sarebbero spese sospette per eventi e congressi. In totale, hanno calcolato i pm, i consiglieri hanno ricevuto per l'attività del gruppo, la comunicazione e i portaborse, più di 20 milioni di euro dal 2008 ad oggi.

Ora tocca a Piemonte ed Emilia-Romagna. Anche nella Regione guidata dal democratico Vasco Errani (indagato per un'altra vicenda, un finanziamento regionale all'azienda del fratello) si tratta di capire che fine hanno fatto i fondi ai gruppi consiliari, circa 2,6 milioni l'anno. Al momento non ci sono indagati in questo filone, che però è parallelo ad altre tre inchieste della procura di Bologna, che riguardano la gestione dei fondi da parte del gruppo dell'Idv in Regione nella scorsa legislatura, le ospitate a pagamento dei consiglieri (anche grillini) nelle emittenti locali ed i rimborsi elettorali della Lega Nord. Il procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, ha costituito un super-pool di investigatori composto da finanzieri e ufficiali in forza al Nucleo di polizia tributaria. Per il partito di Di Pietro, che in nessun Consiglio regionale ha mai rifiutato i finanziamenti, anzi in Lazio ha partecipato alle delibere con cui sono stati aumentati, il problema si chiama Paolo Nanni, indagato per peculato. Capogruppo in Regione Emilia-Romagna nella scorsa legislatura, Nanni avrebbe usato in modo ancora da capire circa 450mila euro in cinque anni.

Alcune stranezze emerse: tre o quattro ricevute di ristorante, la stessa sera nelle stesse ore, ma anche convegni rimborsati ma mai realizzati (a quanto si sa finora e salvo prove). Poi il Piemonte, dove si indaga in particolare sui gettoni di presenza e i rimborsi chilometrici ottenuti dai consiglieri, con la semplice autocertificazione.

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