Da Fini a Tonino, ecco gli esuberi della politica

Scaricati dagli alleati e contestati dal partito, rischiano di uscire dal parlamento

Da Fini a Tonino, ecco gli esuberi della politica

Roma - Ripudiati, leader in eccesso, tecnicamente esuberi (esodati no, perché la pensione c'è). Chi se li prende? Bossi, Fini, Di Pietro, Rutelli. Storie diverse, guai comuni. Tanto rumore per nulla, anni di lavoro per un pugno di mosche o a lottare per scavalcare la soglia di sbarramento, che già al 5% sembra una muraglia. E quando la nave si trova in acque pericolose, la ciurma si svela per quel che è. Succede a Di Pietro. Il partito si sta rivoltando contro Tonino, che si è «ammazzato per tirarlo su», ma avendo imbarcato più specie di Noè (tra cui le scoperte Scilipoti&Razzi), si ritrova un bel po' di centristi che con le cinque stelle che lui vuole appiccicare all'Idv (per non farsi annientare dal ciclone Grillo) non ci vogliono andare. Dunque la fronda, la secessione dei valori, con gli ex bracci destri che fanno l'occhiolino al Pd o all'Udc. Ingrati loro, leader in esubero lui. Che fa la corte, disperato, a Grillo e Vendola. I quali gli danno il due di picche (Vendola: «si deciderà tutto quando saremo sotto», Grillo: «Il Movimento 5 Stelle non si alleerà con nessun partito per le prossime elezioni e non ha ricevuto proposte da parte di alcuno»).
Ma se si è fatto il mazzo lui per il partito che poi lo scarica, che dovrebbe dire allora Bossi, ideatore e fondatore, senza il quale gli altri leghisti non sarebbero sindaci, governatori, ex ministri? Anche lui esubero, capo da ricollocare. Alle feste della Lega, dove c'era il capannello per salutarlo, non gli si avvicina più nessuno, tocca mangiare soli come appestati. Il figlio Renzo, esubero ed esodato già cacciato, si è ricollocato nell'azienda agricola di famiglia, vicino a Varese, come agricoltore. Il padre Umberto ha un patto scritto con Maroni che lo garantisce economicamente, anche se la cifra che «garantisce» Bossi non è specificata. Esubero ma col paracadute (scritto e controfirmato da entrambi). E il futuro (e libertà) di Gianfranco Fini? Non mollerà il Parlamento - come si vociferava - per un posto da commissario Ue a Bruxelles, in compenso molti dei suoi molleranno lui, mentre Fli è già un partito 2.0, sì ma nel senso dei sondaggi. Non si contano più i pezzi persi per strada da Fini, che per sfuggire al destino di esubero sta tentando l'ultima, i «Mille per l'Italia», anche se sarà dura già arrivare a cento. Una parte guarda a Montezemolo e ai liberali di Oscar Giannino, altri rimpiangono la rottura col Pdl, altri guardano a Storace. Nessuno guarda a Fini, se non per dirgli: colpa tua, dovevi dimetterti da presidente della Camera e pensare al partito, morto sul nascere.
Poi, in zona esuberi, c'è Francesco Rutelli, compagno di mare di Fini (entrambi all'Argentario), ex radicale, ex ambientalista, ex Pd, ex cattolico, ex tutto, pericolosamente vicino ad essere un ex leader. Ha mollato Bersani e Veltroni per fare l'Api, ma si è tenuto come tesoriere il senatore del Pd sbagliato, Lusi, che gli ha sfilato sotto il naso una ventina di milioni di euro. Lui non se n'era proprio accorto.

La sua Api doveva fare il Grande centro insieme a Fini e Casini, poi i Terzo Polo, poi il Partito della Nazione, poi quello degli Italiani. Marchi brevettati e poi buttati. Ora Rutelli si riscopre di sinistra e candida Tabacci alle primarie di Pd e Sel, con scarse possibilità di successo. Più probabile la strada dell'esubero.

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