La libertà di esprimere opinioni «finora non risulta essere patrimonio esclusivo dei parlamentari», scrivono - con un tocco d’ironia, imprevista in un atto burocratico - i vertici dell’Ordine dei giornalisti del Lazio,rivolti all’aspirante rieducatore di cronisti Gianfranco Fini (peraltro iscritto anche lui all’Albo). Il presidente della Camera si era infuriato nell’ottobre scorso per un servizio del Tg1 , allora diretto da Augusto Minzolini, «colpevole» di aver raccontato in modo critico, in un servizio della collega Marina Nalesso, il suo comportamento durante l’iter di approvazione del Rendiconto generale dello Stato (non fu approvato per mancanza di numeri in prima battuta, e Fini disse che non si poteva ripresentare scatenando le ire della maggioranza). «Minzolini si deve dimettere subito per l’intollerabile faziosità del suo telegiornale, c’è un limite anche all’indecenza », tuonò il presidente della Camera,poco dopo l’edizione dellasera. Il giorno successivo Minzolini fece un editoriale in cui rispondeva per le rime a Fini, che «ha fatto un uso improprio del termine fazioso », e che «del resto, nel suo agire quotidiano, dimostra di avere una visione particolare del concetto di imparzialità ».
Altra benzina sul fuoco, quanto basta per far passare Fini dalle parole ai fatti, con un esposto all’Ordine dei giornalisti finalizzato a far punire (richiamo, sospensione, radiazione?) Minzolini e i suoi servizi «del tutto lesivi dei doveri che presiedono l’attività giornalistica, segnatamente il servizio pubblico».
Non era proprio accettabile, secondo Fini, essere «attaccati duramente» da un Tg della Rai , che a suo dire affrontava «arbitrariamente il complesso nodo procedurale legato all’approvazione » del disegno di legge sul rendiconto dello Stato. Il servizio in effetti ha un taglio critico rispetto a Fini, ma questo rientra nella libertà editoriale di una testata giornalistica. Ed è proprio quello che il Consiglio regionale dell’Odg ricorda a Fini nella delibera di archiviazione del suo esposto contro Minzolini. E cioè che «il giornalista ha il diritto di critica e di conseguenza può esprimere la sua opinione su tutto lo scibile, che finora non risulta essere patrimonio esclusivo dei parlamentari».
L’informazione - spiegano i consiglieri al giornalista Fini- non è soggetta a censure. Ci sono regole deontologiche da rispettare, «ma il giornalista non può essere considerato una semplice cinghia di trasmissione e di conseguenza ha una sua autonomia e una loro autonomia editoriale l’hanno i giornali: hanno una linea editoriale che il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti non ha alcun potere di censurare», come forse preferirebbe il presidente della Camera. Pertanto la sua richiesta di una punizione per il direttore troppo critico verso di lui, dev’essere archiviata.
Del resto, ha detto proprio Fini qualche tempo fa, «in una democrazia la libertà di stampa non è mai sufficiente ». Più facile dirlo però quando dà fastidio agli altri.L’Ordine archivia l’esposto del leader Fli: «L’informazione non è soggetta a controlli»
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