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Chi assolve il Cav è nei guai: alla sbarra la Vitale

Finisce al Csm il presidente del tribunale che lo prosciolse per il caso Mills

Chi assolve il Cav è nei guai: alla sbarra la Vitale

Milano - Rischia di costare cara al giudice Francesca Vitale la sentenza con cui prosciolse Silvio Berlusconi dall'accusa di avere comprato il silenzio dell'avvocato inglese David Mills, interrogato come testimone dalla Procura di Milano. La dottoressa Vitale, quando presiedeva una sezione del tribunale milanese, dichiarò prescritte le accuse a carico del Cavaliere: e se si fosse limitata a questo se la sarebbe forse cavata senza danni. Ma la Vitale si spinse più in là, e scrisse nelle motivazioni della sentenza che, se non fosse scattata la prescrizione, avrebbe assolto Berlusconi. Ora, la Procura generale della Cassazione ha disposto un procedimento disciplinare a carico di Francesca Vitale: che verrà chiamata a rispondere proprio di un passaggio della sentenza Berlusconi in cui attribuiva la colpa della prescrizione non alle manovre dilatorie dell'imputato ma ai giudici che per primi avevano iniziato il processo e che con motivazioni «sinceramente oscure» avevano separato il processo a Berlusconi da quello a Mills. Le motivazioni della sentenza furono firmate dalla sola Vitale, e non dalle altre due giudici che componevano il collegio: ma a chi chiedeva se questo fosse il segnale di un dissenso , la Vitale spiegava di avere firmato da sola in quanto presidente, e che il testo rispecchiava perfettamente quanto discusso in camera di consiglio. Le colleghe non l'hanno mai smentita. Ma sotto processo disciplinare ora ci andrà solo lei. Non è la prima volta che giudici accusati di eccessiva morbidezza nei confronti del Cavaliere si ritrovano sul banco degli accusati. In un recente passato è toccato ad Antonio Laudati, procuratore di Bari, che per il sospetto di avere frenato le indagini sul caso escort è finito addirittura sotto processo penale.

Che la divisione in due del processo Berlusconi-Mills (disposta da Nicoletta Gandus, il giudice del primo processo) abbia agevolato la prescrizione dei reati, è tema su cui la Vitale avrà modo di spiegare le sue ragioni davanti al Csm. Quel che fa specie nel capo di incolpazione a carico della dottoressa è che le vengano contestate anche valutazioni sull'operato del pubblico ministero Fabio De Pasquale che rispecchiano fedelmente il clima che si respirava in aula, contrassegnato da innumerevoli scontri tra il rappresentante dell'accusa e il tribunale. A De Pasquale il giudice riservò un trattamento cui probabilmente non era abituato, mettendolo di fatto sullo stesso piano degli avvocati della difesa. Ma anche di questo ora dovrà rispondere davanti al Csm: avrebbe osato definire «inopportune» le sollecitazioni del pm ad accelerare il ritmo delle udienze. Sullo sfondo, ma palpabile nelle chiacchiere che a Palazzo di giustizia hanno da sempre accompagnato la conduzione del processo da parte di Francesca Vitale, c'è l'accusa di fondo di «berlusconismo». Eppure proprio Berlusconi ricusò la Vitale, accusandola di un «convincimento colpevolista» dimostrato attraverso ripetute «anticipazioni di giudizio».

E solo il rigetto della ricusazione consentì alla Vitale di portare fino in fondo il processo.

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