Anima di Molière, gioisci! Il tuo Tartufo è immortale e quattro secoli dopo è ancora l'emblema della Francia. Il finto devoto, il falso moralista, il sedicente democratico, l'eterno impostore. Da dove vogliamo cominciare? Dalla libertà di espressione che vale per tutti, ma non per qualcuno? Dalla libertà di stampa, ma a scartamento ridotto? Dalla libertà sessuale, purché politicamente corretta? Dalla privacy, che non va violata, ma facendo le debite eccezioni e solo per quel che concerne il sacro suolo? Dai diritti dei popoli, riservandosi però quello di bombardarli (i popoli e i diritti)?
«La vera offesa è nello scandalo» diceva Tartuffe. I francesi hanno ben appreso la lezione. Ora, noi italiani abbiamo i nostri difetti. Non è molto che abbiamo preso a calci la bara di un morto, continuiamo a riempire le pagine dei quotidiani di intercettazioni verminose e pruriginose, ci mettiamo degli anni per annullare un'elezione, dei mesi per motivare una sentenza (ma se hai sentenziato, saprai bene il motivo, o no? Boh), votiamo con delle leggi che vengono poi giudicate incostituzionali, ma, il mondo lo sa, abbiamo delle attenuanti: prima il Fascismo, poi Berlusconi, sempre e comunque l'Uomo Nero. Sciagure così sono peggio delle sette piaghe dell'Antico Egitto. La Francia, invece, vuoi mettere. Il Re Sole e de Gaulle, il camembert e il marchese de Sade, Brigitte Bardot e il Borgogna, Rousseau e il Tour de France, la baguette, la blanquette, la erre moscia, un ex presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, che sembrava un comico, Louis de Funès, che non per nulla era considerato il presidente della comicità d'oltralpe, un altro, Mitterrand, che da destra era finito a sinistra e da sinistra aveva risbandato a destra. Ah, la clarté francese, lo spirito cartesiano, l'esprit de finesse, la Pompadour, les troubadours, le cache-sex, il godemiché. Nel cancan (mai parola fu più appropriata) di un capo dello Stato che fa ridere, un attore di varietà che fa piangere, un'amante scaricata che sta all'Eliseo, un'altra in carica che se ne sta nascosta poco lontano, un ministro degli Interni che si sostituisce ai tribunali, una stampa che cincischia, un'opinione pubblica che, molto probabilmente, se n'en fiche, se ne infischia, avendo problemi più grandi a cui far fronte, più che una nazione la Francia sembra L'albergo del libero scambio di Feydeau, dove si chiudeva una porta e usciva il fedifrago, se ne apriva un'altra ed entrava il cornuto, si bussava a una terza e arrivava la polizia, la portiera, il prete, l'ufficiale giudiziario. Si dirà: una volta c'era Voltaire, o il similVoltaire, o l'apocrifo Voltaire, fate voi, ma la frase, orgogliosamente citata, era: «Non condivido nulla di ciò che dici, ma difenderò sino alla morte il tuo diritto di dirlo». Adesso c'è questo energumeno barbuto, Dieudonné Mbala Mbala, che dice cose inaudite, ironizza, satirizza: gli ebrei, i campi. Ah, no: vade retro Voltaire e, al suo posto, Ecrasez l'infâme!, schiacciate l'infame. Sempre Voltaire, quello vero, che voleva schiacciare il Dio dei cristiani. La douce France. Già.
Si dirà. Una volta c'erano i presidenti eleganti, Giscard, prestanti, Chirac, intelligenti, Mitterrand. Che avessero delle amanti, parbleu, faceva parte della grandeur nazionale, La Francia eternamente monarchica delle favorite e delle femmes fatales, la collana della regina e le brioches della regina, les liaisons dangereuses, quelle cose lì. Poi è arrivata la decadenza, e nemmeno le amanti, nonché le legittime consorti, sono più quelle di un tempo. La moglie del generale de Gaulle poteva arrossire di vergogna leggendo Il riposo del guerriero, la Prèmiere Dame Carla Bruni faceva rabbrividire miagolando le sue canzoni. I gusti di Dominique Strauss-Kahn, candidato in pectore dei socialisti all'Eliseo prima del fattaccio newyorkese, hanno chiuso il quadro: «Basta che respirino». In confronto François Hollande sembra un personaggio di Peynet: gira in scooter, porta il casco integrale perché così, pensa, non lo riconoscono, ha un uomo di fiducia che gli fa inzuppare il cornetto al mattino.
Si dirà: la censura. Una volta era tutto un gloriarsi del «divino marchese», con il suo sadismo, delle religiose in calore di Diderot, delle Emmanuelle in fregola, delle Histoire d'O in salsa masochista. Adesso arriva un video di Britney Spears, un altro di Miley Cyrus e, ma guarda un po', offendono le donne, suscitano pensieri lubrichi nei più giovani, vanno vietati alle tele sino alle 22 di sera. Siamo all'ultima trincea, come ai tempi della Linea Maginot. Non hanno ancora capito che allora come ora ad aggirarla sono i carri-armati della modernità.
Si dirà: la presse. La lezione dell'impegno sartriano, l'etica di Camus, l'obiezione di coscienza e le petizioni contro la guerra d'Algeria. Ma no, meglio tappare la bocca a un Dieudonné brutto, sporco e cattivo, e fare la faccia indignata di fronte al guardonismo di chi non rispetta la riservatezza altrui: così non si fa, è una mancanza di politesse e poi, les intellos hanno compiti ben più nobili da assolvere, cacciare i tiranni, riportare la democrazia e con essa i diritti dell'uomo. La Libia, avete presente? I democratici in armi contro Gheddafi. A Tripoli aspettano ancora la prossima visita del nouveau philosophe d'antan. Sempre che rientri dal suo ultimo giro di valzer con una ereditiera miliardaria, una Guinness si dice.
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