C'è chi lo dà per finito, chi lo descrive prostrato dagli scandali, chi lo accusa di fare l'indiano. Roberto Formigoni non ci sta. E irrompe al Meeting armato di impermeabile e corazza, con lo spirito dell'orgoglioso combattente e più che l'indiano decide di fare il ciellino doc («lo sono dal 1961»), puntando sulla sua storia, sulla sua identità e sui risultati del buon governo della Lombardia, mostrando il petto (e i numeri) a chi lo attacca. Sicuro della prova d'amore della sua gente. Una prova che puntualmente arriva con applauso sonoro e boato di supporto che scuote l'auditorium.
«Sono innocente. Non cedo e non mi spavento. Sono venuto al Meeting per 17 anni da governatore e solo tre volte non ero gravato da avvisi di garanzia. Ho già subìto 11 processi e 11 volte sono stato assolto. Anche questa volta vincerò io come sempre. Farò il governatore fino al 2015: ci hanno provato ma non sono riusciti a dividermi dalla mia gente». Una manifestazione di sicurezza rabbiosa, mitigata da un atto di umiltà. «Se talvolta ho dato l'impressione di essere arrogante me ne scuso».
Davanti al popolo del Meeting, però, l'attenzione è rivolta all'esperienza personale. Una confessione a cuore aperto in cui l'orgoglio si mescola con la riflessione. E si tramuta in un j'accuse finale contro i poteri che, caduto Berlusconi, hanno cercato di fare strike e abbattere l'altro asse portante del centrodestra. «Mai tanta gente mi ha offerto amicizia come in questo periodo. Alla messa vespertina una coppia di anziani si sono voltati verso di me e al momento della pace mi hanno dato una carezza dicendomi: c'è tanta gente anche non del suo partito che sa che lei è onesto e le vuole bene». Il campionario dei ricordi segnati con l'evidenziatore nella memoria non è concluso. «In questo periodo ho percepito la presenza di un vecchissimo amico che mi aveva voluto tantissimo bene, don Giussani. E poi voglio ricordare quando il Papa è venuto a Milano. Mi ha guardato e mi ha detto: io prego tutti i giorni per te».
Chiuso il primo capitolo, nel suo ragionamento entra il soffio dell'autocritica. «Ricordate la lettera di don Carron che ci diceva che se arrivavano queste critiche, qualche pretesto dovevamo averlo dato? Ebbene l'ho sentita profondamente. Ma l'attacco giudiziario era e resta ingiusto. Si è detto: la sorte di Formigoni è appesa a un filo ma lorsignori non sanno che la materia di cui è fatto questo filo è di tungsteno». L'applauso sale alto e Formigoni fa ricorso a tutta la sua capacità vocale. «Scusate se alzo la voce ma se sei stato dotato di un vocione tonitruante sei chiamato a usarlo. Ecco, io ho sfidato i tribunali senza arretrare. Ho sbagliato nei toni ma non potevo permettere che fossero buttate tonnellate di fango contro l'esperienza della Regione Lombardia».
Formigoni individua le ragioni profonde dell'assedio che lo ha colpito in un concerto di poteri. «È partito un assalto mediatico-giudiziario ai miei danni. La prima mossa è stata di Repubblica con Gad Lerner. Questo giornale, con il Fatto Quotidiano, l'Idv e Grillo sono il braccio armato di una fazione che mira al dissolvimento dello Stato. Intendiamoci: io non rifarei le vacanze ai Caraibi ma nulla di ciò che ho fatto è contrario alla legge. Se dimostreranno che c'è stato un vantaggio illecito per me o per persone a me legate, mi dimetterò. In Lombardia non è stato sprecato un solo centesimo di denaro pubblico. Il quadro è chiaro, l'11 novembre viene abbattuto Berlusconi. A quel punto bisogna abbattere il presidio più importante del centrodestra, oltretutto retto da un cattolico, per di più ciellino, che potrebbe diventare un modello da esportare. Ma bisogna anche isolare la vittima, farlo apparire solo.
Ebbene quel tentativo è fallito. Pdl e Lega sono con me e il popolo di Cl ha dimostrato come la pensa. Avevano scommesso sulle mie dimissioni tra maggio e giugno. Hanno perso. Se il Signore lo vorrà continuerò a fare politica al servizio della gente».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.