Roma«Finora abbiamo ricevuto critiche per troppa incisività o troppo poca incisività, ma su una cosa siamo decisi: andremo in Parlamento e se la riforma non dovesse passare andremo a casa». Elsa Fornero non aveva osato tanto durante la prima parte della trattativa sulla riforma del lavoro, quella sullarticolo 18 finita con la vittoria di Cgil e Pd. Ora che sul piatto ci sono le pressioni di Pdl e Confindustria, che effettivamente accusano il ministro del Lavoro e il governo di scarsa incisività sui licenziamenti e di un eccesso di rigidità su contratti a termine, partite Iva e apprendistato, è arrivata la minaccia estrema.
In realtà non cè nessuna possibilità che la riforma non passi. E laut aut del ministro sembra più un modo per fermare eventuali emendamenti sullarticolo 18 ispirati dalle posizioni di Confindustria, che potrebbero raccogliere, se non una maggioranza, molti consensi. Ma romperebbero lequilibrio raggiunto con Pd e sindacati. Ed è un invito a limitare le modifiche anche sul resto. «Vado a questo appuntamento con serietà e senza arroganza. Abbiamo lavorato bene e forse qualcuno ha cambiato idea rispetto alle posizioni precedenti», ha commentato il ministro. Un riferimento alle posizioni di Confindustria che, almeno ufficialmente, considera un cantiere aperto tutta la riforma.
«È possibile cambiare idea, come è possibile cambiare qualcosa della riforma, nessuno dice che sia intoccabile. Ma rivendico che questa riforma ha un suo equilibrio e una sua valenza generale», ha aggiunto Fornero durante un convegno a Reggio Calabria. In sostanza, se ci saranno modifiche, non dovranno suonare come una sconfessione del lavoro del dicastero. Come Monti, anche Fornero se la prende con partiti, sindacati e aziende e rivendica alla sua azione la ricerca di un equilibrio buono per tutti. «Ci siamo molto interrogati ci siamo chiesti: stiamo facendo le cose giuste? Per il Paese, intendo, non per i sindacati, per le imprese, grandi o piccole, o per la Cgil piuttosto che la Cisl o la Uil o per le partite Iva, che non erano nemmeno rappresentate al tavolo».
Lultimatum del ministro non è piaciuto al Pdl. «Con tutto il rispetto verso la Fornero», ha accusato Guido Crosetto, «non mi pare una strategia intelligente». Anche perché «per quanto abbia stima della sua intelligenza e del suo coraggio, so che tutti sono utili ma nessuno indispensabile. Se vorrà tornare allinsegnamento, io, me ne farò una ragione e penso che come me, molti altri». Per Italia dei valori le parole di Fornero sono «un motivo in più per bocciare» il ddl lavoro. Antonio Di Pietro ha chiesto le dimissioni del ministro.
Ma è con le imprese che la tensione ha raggiunto livelli di guardia, a causa di unaltra frecciata di Fornero, questa volta sul tema previdenza. «Gli esodati li creano le imprese che mandano fuori i dipendenti a carico del sistema pensionistico pubblico e della collettività». Toni simili a quelli usati dal premier Mario Monti in queste ultime settimane di rapporti tesi tra industriali e governo. La replica di viale dellAstronomia è arrivata, durissima. Le frasi di Fornero destano «sorpresa e sgomento». Se «in un periodo di profonda crisi si cambiano le regole in corsa, è responsabilità di chi decide di cambiare le regole, prevederne le conseguenze. Se non lo si fa, non si può imputare alle imprese alcuna colpa».
Qualche apertura sugli esodati però Fornero lha fatta. In una lettera inviata al Sole24Ore il ministro, di fatto, ha ammesso che la cifra fornita dal ministero dei «salvaguardati», non copre tutti gli esodati. I 65mila sono quelli già individuati dalla riforma previdenziale contenuta nel Salva Italia. E «proprio la consapevolezza di una platea non coperta», ha spiegato, mi ha «indotta ad assumere un impegno ulteriore circa ladozione di altri provvedimenti normativi».
La Fornero punta i piedi: «Se non passa la riforma andiamo tutti a casa»
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