Forteto, imputati assenti per troppa vergogna

Al via il processo alla comunità dell’orrore. Le vittime: "Ora la verità"

Forteto, imputati assenti per troppa vergogna

Non si sono fatti vedere. Nessuno dei 23 imputati al processo per le violenze del Forteto si è presentato alla prima udienza. Seminterrato del palazzo di giustizia di Firenze, ore 14, aula 28, grigia come il cielo di Toscana: ai banchi della difesa appaiono soltanto le toghe nere degli avvocati. Tra il pubblico sono presenti le vittime degli abusi del «profeta» Rodolfo Fiesoli e i loro familiari. Ascoltano in silenzio, con pazienza. Conoscono bene le aule dei tribunali, soprattutto di quello dei minori. Sanno che ci vorrà un lungo cammino per ottenere giustizia. «Ma per noi questo processo è già un risultato, finalmente si farà luce sulla vicenda», dice Sergio Pietracito, presidente dell'associazione delle vittime del Forteto.

Pietracito non è sorpreso che Fiesoli e il suo clan non si siano mostrati. «È una strategia difensiva, credo che non si vergognino di nulla», dice. E la strategia è chiara: combattere sulle formalità e allungare i tempi. Soltanto il «profeta» è accusato di violenze, per gli altri membri della setta l'imputazione è di maltrattamenti aggravati, un reato che si estingue in tempi più brevi. Per altri imputati si direbbe che vogliono difendersi «dal» processo, non nel processo.

I difensori sono partiti con la tattica dello sfinimento presentando una montagna di eccezioni preliminari: le notifiche spedite per posta elettronica certificata, quelle consegnate dai carabinieri di Vicchio e non dalla polizia giudiziaria, la costituzione delle parti civili (le vittime, la regione Toscana che ha indagato a fondo sul Forteto, qualche comune). E poi c'è l'esercito dei testimoni: 150 soltanto quelli della difesa, tra cui Rosi Bindi e Massimo D'Alema, gli ex presidenti del Tribunale dei minorenni come Francesco Scarcella, Piero Tony e Gianfranco Casciano, giudici minorili e onorari, medici, psicologi, assistenti sociali.

Ci vorranno varie udienze prima che la corte decida quali testi ammettere e ci vorranno mesi per ascoltarli tutti. Proprio a loro, chiamati a rassicurare che nelle invalicabili mura della comunità di Fiesoli la vita era meravigliosa, il procuratore aggiunto Giuliano Giambartolomei e il sostituto Ornella Galeotti chiederanno conto del mare di irregolarità documentate, come gli affidamenti alla comunità e non alle famiglie, in violazione della legge.

Gli orrori del Forteto saranno raccontati da chi li ha subiti: le violenze sessuali e omosessuali, gli abusi, lo sfruttamento del lavoro minorile, le superficialità dei servizi sociali, la leggerezza della magistratura che ha continuato a mandare bambini e ragazzi alla comunità del Mugello nonostante i suoi capi fossero già stati condannati nei primi Anni 80 per reati specifici: atti di libidine, corruzione di minori, maltrattamenti.

Proprio su questa sentenza, che amministratori pubblici e magistrati fiorentini immediatamente seppellirono come un errore giudiziario, si è aperto un giallo. La procura di Firenze aveva chiesto mesi fa le carte del vecchio processo e i fascicoli degli affidamenti al Forteto disposti negli anni dal Tribunale dei minori. Ma la documentazione non si trovava. Un muro di gomma si è creato tra il palagiustizia di Firenze e l'archivio giudiziario di Prato. Carte perdute o nascoste?

Quando la procura ha minacciato di mandare i carabinieri a eseguire le ricerche, in 24 ore i fascicoli sono riemersi dal passato. E pare che in quegli incartamenti si trovi di tutto. Errori nell'indicare i nomi degli affidatari. Lettere disperate di madri cui veniva impedito di vedere i figli. Affidamenti non a coppie sposate ma a singoli o genericamente alla comunità.

Comunicazioni della cooperativa agricola Forteto che, senza averne titolo, interloquiva con i giudici minorili. Lettere di bimbi plagiati e false missive scritte dai capi del Forteto per impedire i contatti tra le famiglie e i minori. Decine di storie drammatiche che attendono giustizia.

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