V eleni e agguati. La strada che porta al Quirinale è disseminata di trappole: una viene confezionata in via Solferino ed esplode sulla prima pagina del Corriere della Sera. Nel mirino la silhouette di Massimo D'Alema, un big che potrebbe piacere al centrosinistra e al centrodestra, anzi più al centrodestra e a Berlusconi che a Bersani le cui ultime mosse «grilline» non ha condiviso. I bravissimi cronisti giudiziari del quotidiano milanese recuperano un verbale inedito dell'architetto Renato Sarno, collettore di tangenti nel sistema Penati. La storia è vecchia, e pure ormai logora, ma i risvolti sono nuovi e possono mettere in crisi i difficili equilibri che stanno maturando per la successione a Napolitano. Sarno infatti mette a verbale una presunta confidenza di Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano e numero uno del Pd in Lombardia fino all'emersione dello scandalo Sesto. Dunque, Penati avrebbe svelato a Sarno di aver strapagato le quote della Serravalle in mano a Marcellino Gavio su input di Massimo D'Alema. La bomba rischia di far saltare per arie le chance dell'ex premier che è uno dei candidati più autorevoli alla presidenza della Repubblica.
Si sa, a pensare male si fa peccato ma non si sbaglia mai o quasi. E qui molti particolari non tornano: non ci vuole un esperto di cronaca giudiziaria per capire che gli stessi pm non credono nemmeno un po' alla pista che porta a Baffino. Fanno le loro domande di rito, ottengono le risposte del professionista che rimanda totalmente a Penati, chiudono il discorso che non pare avere alcuna conseguenza. D'Alema non è indagato, nella sostanza non cambia nulla, in passato il suo nome era già stato accostato, sia pure in forme più indirette e sfumate, a questa storia; del resto il suo peso specifico l'ha trascinato in tante altre trame italiane. Sempre senza ammaccature. Sono i soliti sospetti. Dunque, sul versante giudiziario la pistola puntata sull'ex ministro degli esteri è scarica. E però, a leggere con attenzione il Corriere, non si può non notare il modo malizioso in cui l'ordigno è stato collocato. La notizia viene data a tutta pagina e torna, con un'ampia finestra informativa, in copertina. Insomma, il botto è assicurato. Con i classici schizzi di fango che potrebbero macchiare la veste di D'Alema in un momento cruciale. Inevitabile, a costo di trasformarsi in dietrologi, porsi la fatidica domanda: a chi giova? Via Solferino prova a dar prova di fair play riportando in un occhiello la versione di Penati che smentisce a stretto giro di posta l'architetto. Di D'Alema però non c'è traccia. Nessuno si è preoccupato di fargli una telefonata. E lui, consapevole dello scherzetto a meno di dieci giorni dalla convocazione dei grandi elettori che eleggeranno il nuovo capo dello Stato, querela e s'infuria: «Nel rilevare che tutta la ricostruzione della vicenda è stata già smentita da Penati, ovvero colui che avrebbe riferito quelle evidenti sciocchezze all'architetto Sarno, mi sconcerta il fatto che i giornalisti del Corriere della sera non abbiano avvertito l'esigenza di chiedere la mia versione prima di dare diffusione a dichiarazioni inventate di sana pianta, pubblicandole con straordinario e immotivato risalto».
Perché quella dimenticanza? Strano, perché Ferruccio de Bortoli è un direttore accorto e scafato. Proprio ieri i giornali raccontavano l'incontro fra Berlusconi e Bersani e facevano notare che il Cavaliere, alla ricerca di un inquilino che dal Quirinale dia garanzie, avrebbe ottenuto dal leader del Pd l'eliminazione dalla lista dei concorrenti della sua bestia nera, quel Romano Prodi che invece è molto vicino a pezzi del Cda Rcs e ad alcuni dei suoi azionisti.
Insomma, Bersani e Berlusconi finalmente si parlano e cercano di uscire dallo stallo che blocca il Paese. Restringono la rosa per la più alta carica: D'Alema è dentro, Prodi è fuori. Passano poche ore e via Solferino versa il contenuto velenoso di quel verbale sulle promesse ancora vaghe e tutte da consolidare. Nouvelle vague quirinalizia.
Anche perché, dettaglio suggestivo, D'Alema è sempre più esasperato dalla linea suicida di Bersani che ha perso quaranta giorni e la dignità inseguendo i grillini e rifiutando, fino a martedì pomeriggio, ogni ipotesi di dialogo con il Cavaliere e il segretario del Pd è sempre tentato dalla carta Prodi che gli garantirebbe davanti al suo popolo la patente di antiberlusconiano doc.Dalle parti del Pdl seguono con apprensione e azzardano un paragone: D'Alema sta a Prodi come Napolitano a Scalfaro. Fantasmi antichi e mai superati.
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