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Per Gattuso i pm creano il reato di amicizia

Calcioscommesse, l'ex milanista è indagato per alcuni sms sospetti a "Mister X": "Se ho truccato mi ammazzo"

Per Gattuso i pm creano il reato di amicizia

In Italia si può essere indagati per amicizia. Gennaro Gattuso s'è visto consegnare un avviso di garanzia perché conosce e frequenta una persona che forse è sbagliata. Un campione del mondo, un simbolo del pallone è sotto inchiesta per associazione per delinquere perché il suo migliore amico ha conosciuto un personaggio poco raccomandabile e con quest'ultimo Rino ha scambiato qualche messaggio e qualche telefonata in momenti particolari. Prove di combine zero, prove di coinvolgimenti diretti meno di zero. Strana storia. Ieri mattina l'Italia s'è svegliata e la prima notizia che ha saputo in giornata, alla radio, in tv, sul web era questa: «Calcioscommesse, quattro arresti, Gattuso indagato». Come Gattuso? È il riflesso immediato di un Paese che ha riconosciuto per anni questo giocatore come il simbolo dei lottatori, cioè del contrario di quelli che le partite le vendono. Il secondo riflesso è stato questo: se è marcio lui, allora è finita. Leggendo i documenti della procura, però, la sensazione è opposta. Non più come, ma perché Gattuso? Non c'è al momento uno straccio di prova che lo possa indicare come uno di quelli che sistemavano i risultati delle partite, non c'è una sua conversazione che abbia come contenuto una combine, non c'è traccia di denaro che abbia preso. C'è un sottobosco di persone che entra in contatto con lui. Punto. C'è un amico, un suo grande amico, che secondo l'accusa si relaziona agli scommettitori bolognesi che poi sarebbero il tramite con quelli più grossi, i cosiddetti «zingari», che a loro volta poi sarebbero il gancio con la cupola di Singapore. Un salto triplo che è la deduzione, della deduzione, della deduzione. Cioè: non sta in piedi.

Allora la sensazione, brutta, sgradevole, spiacevole non è più «se è marcio lui, sono marci tutti». È questa: serviva un nome per tenere in vita questa inchiesta che ha svelato un sacco di spazzatura, che ha raccontato un mondo del pallone corrotto e pronto a vendersi per poco, schiavo del gioco e dell'impunità, sconvolto dalla facilità con cui la criminalità può intervenire e condizionarlo. All'inchiesta di Cremona è sempre mancato il «pezzo grosso». Perché se scopri le schifezze di Bari, Lecce, Albinoleffe, Atalanta, Siena, Ascoli, Grosseto l'indignazione dura il giusto, cioè poco. Le telefonate incrociate di Gattuso dimostrano nulla, sono il chiavistello per raccontare al mondo che quest'indagine vive ancora, che il calcio è tutt'altro che redento. È la degenerazione della società e della giustizia che riesce a diventare peggio delle persone che indaga. Se Gattuso, o chiunque altro, merita di finire in una indagine per un reato grave come l'associazione per delinquere, deve esserci ciccia. Non chiacchiere. E invece qui siamo al livello ancora inferiore delle chiacchiere. I magistrati hanno avuto anche il coraggio di scrivere che tutto parte da un'intercettazione tra due personaggi in cui uno dice: «Buffon scommette 100-200mila euro a settimana». E l'altro dice: «Perché Cannavaro e Gattuso? Sono proprio malati».

Un cazzeggio, una diceria da bar che diventa il punto di partenza di un filone d'inchiesta. Una follia certificata dall'ordinanza: «La conversazione, pur non implicando alcunché a carico del Gattuso sotto il profilo penale, lo individua come un accanito scommettitore, qualità che, se reale, condivide con la maggior parte dei calciatori coinvolti nella presente indagine. Tuttavia, il riaffiorare nell'inchiesta della figura del Gattuso, in stretta relazione con quella del suo “amico fraterno” Salvatore Pipieri». Capito bene? Dicono: «se reale», cioè non lo sanno, anzi lo mettono in dubbio anche loro. Poi aggiungono il reato di amicizia. Perché è ovvio, no? Se l'amico intrattiene relazioni pericolose, anche Gattuso le intratterrà. Le telefonate ci sono, sì. Contate e riportate nell'ordinanza. Il problema è che non ci sono le prove. Al momento ci sono suggestioni che equivalgono a fango, tanto fango.

I magistrati forse non sanno che il calcio non è la politica: se agli italiani tocchi un giocatore senza motivo, non ti perdonano.

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