Gelmini: «Non si può andare in carcere per un errore burocratico». Insorge il Pd

Gelmini: «Non si può andare in carcere per un errore burocratico». Insorge il Pd

Roma«Siamo pronti a riformulare l'emendamento se non risulta chiaro, ma nella sostanza non siamo disponibili a fare mezzo passo indietro». Mariastella Gelmini, vicecapogruppo vicario del Pdl alla Camera, conferma l'intenzione di depenalizzare il finanziamento illecito dei partiti. Un provvedimento veicolato da un emendamento al disegno di legge del governo che abolisce il finanziamento pubblico dei partiti che non va nella direzione di un «colpo di spugna», bensì di un rafforzamento del finanziamento privato ai partiti, solo strumento in grado di compensare, almeno in parte, la chiusura dei rubinetti di Stato. «Siamo per il massimo della trasparenza, per il massimo della tracciabilità - garantisce Gelmini - di più: siamo convintamente, come abbiamo detto anche in campagna elettorale, per la abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e per utilizzare solo quello dei privati. Ma non è giusto che il tesoriere di un partito vada in carcere perché riceve i soldi da un'azienda che magari non ha avuto l'assenso del cda». Nella precedente versione della legge (195 del 1974) chiunque corrispondesse o ricevesse contributi senza deliberazione dell'organo societario o iscrizione della somma a bilancio era punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e con la multa fino al triplo della somma versata. Se passerà l'emendamento Pdl, resterà solo la pena pecuniaria. «Se la somma del finanziamento - spiega Gelmini - è iscritta a bilancio ma manca la delibera del cda, non può accadere che per errore umano di altri, il responsabile legale riceva un avviso di garanzia per presunto illecito. Dobbiamo essere chiari, trasparenti, ma non ottusi. Un errore burocratico e amministrativo si sana, non si passa al penale».
Della stessa idea Maurizio Bernardo, deputato del Pdl: «Se vogliamo che il finanziamento pubblico ai partiti lasci il posto a un finanziamento privato che funzioni bene e permetta alle formazioni di avere una base solida sulla quale costruire la rappresentanza dei cittadini, non possiamo permettere che i potenziali sostenitori vengano scoraggiati da sanzioni penali». E il capogruppo alla Camera del Psi Marco Di Lello fa esercizio di realismo: «Come avviene nella quasi totalità delle democrazie occidentali, un Paese che ragiona ha un finanziamento pubblico con controlli rigorosi e pene severe per quello privato, ma illecito. Però se aboliamo quello pubblico, resta solo quello dei privati che, come insegna l'esperienza statunitense, si aspettano di ricevere qualcosa in cambio. Invece di fare demagogia perché non si comincia a ragionare?». Da parte delle altre forze politiche resta la condanna del provvedimento.

«Non si tratta di riformularlo perché poco chiaro. L'emendamento va proprio cestinato. Non esiste qualcuno che finanzia illecitamente in buona fede», taglia corto il presidente della Commissione per le Politiche Ue Michele Bordo, del Pd.

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