Due giorni fa toccò a Massimo D’Alema, ieri a Silvio Berlusconi. La macchina del fango mediatico sente aria di bagarre (l’elezione del presidente della Repubblica) e si mette in moto in modo non certo disinteressato. Ora,come è noto,Massimo D’Alema non gode delle nostre simpatie, ma il trattamento che gli ha riservato il Corriere della Sera non può passare sotto silenzio.Appena il suo nome è comparso nell’elenco dei papabili per il Quirinale, è arrivato lo scoop ben confezionato. Prima pagina, titolo: «Il verbale che chiama in causa D’Alema». L’inchiesta è quella sulla vendita delle quote dell’autostrada Serravalle da parte di Penati, all’epoca presidente della Provincia di Milano e braccio destro di Bersani. Caspita, mi sono detto, bel colpo, colleghi. Poi uno legge e scopre che si tratta di una tesi riferita da uno dei faccendieri indagati che riporta senza alcun riscontro presunte parole di Penati. Il quale smentisce categoricamente. Cioè stiamo parlando del nulla, tanto che i pm hanno lasciato perdere. E allora, perché tanta ambigua evidenza alla non notizia che riguarda un’inchiesta vecchia di quattro anni? Chissà, certo la pubblicazione avrà fatto piacere al grande azionista del Corriere , il presidente di Banca Intesa Giovanni Bazoli, grande amico e sponsor di Romano Prodi come nuovo presidente della Repubblica.
Passano poche ore e ieri tocca a Berlusconi. Lui non è candidato al Quirinale, ma certo è al centro delle trattative con un ruolo decisivo, evidentemente troppo. Siamo in tv, Servizio pubblico di Michele Santoro su La7. Il fido Ruotolo, candidato trombato alle elezioni al fianco di Ingroia, smette i panni del rivoluzionario civile e si rimette quelli di giornalista indipendente (grande esempio di deontologia professionale). E che fa? Ti intervista un oscuro personaggio del sottobosco dello spettacolo, tale Chiesa Soprani, che racconta come lui è certo che Noemi ( la ragazza di Casoria alla cui festa di compleanno partecipò Berlusconi) fece sesso con il Cavaliere quando era minorenne. Prove? Nessuna. Smentite? Dell’interessata, oltre che dell’ex premier, già due anni fa, quando Vanity Fair tentò lo stesso scoop facendo un buco nell’acqua.
Nel 1992 la mafia interferì nelle elezioni del capo dello Stato facendo saltare in aria Falcone e la sua scorta durante le votazioni. Oggi altri ci provano con le bufale riciclate. Ci compiaciamo che non scorra più sangue, ma i due metodi sono simili. Alludere, intimidire, screditare e uccidere. Politicamente parlando, ovviamente.
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