Giustizia, il tempo è scaduto: la riforma in quattro mosse

Carceri più umane, atti di clemenza, responsabilità civile dei magistrati, referendum. Il messaggio di Napolitano e l'Unione europea ci impongono di cambiare il sistema

Giustizia, il tempo è scaduto: la riforma in quattro mosse

Matteo Renzi ha finalmente rovesciato sul tavolo la sua mercanzia elettorale su temi decisivi della vita comune. In sintesi. Renzi dice sì alla droga libera, con l'abrogazione della legge Fini-Giovanardi. Vuole aprire le porte alla immigrazione clandestina, con la cancellazione della Bossi-Fini. Lo fa in nome di un senso di umanità fasullo, tant'è vero che nega amnistia e indulto per eliminare la tortura di carceri sovraffollate. Non vuole alcuna riforma della giustizia.
Dopo il voto del 2 ottobre che ha ridato fiducia al governo Letta, è diventato più chiaro che i fronti dell'impegno sono due: quello economico e quello istituzionale. A sua volta, spina dorsale della riforma istituzionale è quella della giustizia. Che può essere incardinata e discussa in parti essenziali anche senza usufruire dell'art.138 della Costituzione. Dal punto di vista delle riforme istituzionali, invece, dopo il messaggio alle Camere del presidente della Repubblica torna alla ribalta la questione «giustizia». Che, a sua volta, si declina in 4 grandi filoni, di cui intendiamo parlare oggi: 1) carceri, indulto e amnistia; 2) riforma della giustizia e documento dei «saggi»; 3) procedura di infrazione europea sulla responsabilità civile dei magistrati; 4) referendum radicali.

Il messaggio di Napolitano. Carceri, indulto e amnistia

Il messaggio alle Camere del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sulle misure necessarie per affrontare la questione carceraria, introduce con la massima forza e autorevolezza il tema della giustizia nelle cose da fare da parte di governo e Parlamento: amnistia e indulto. Ci aspettavamo, almeno da parte del Partito democratico, un consenso operoso. Invece la prima risposta di Epifani è stata: «cautela». Perché? Lo ha detto subito: evitare che ne possa trarre un qualsiasi beneficio Berlusconi. Siamo a una novità giuridica: l'amnistia contra personam. Qualcosa di spaventoso se ci si pensa: la legge vale per tutti. Meno per uno. Uno il cui nome è deciso dalla sinistra. Tralasciamo, per carità di patria, commenti e iniziative del Movimento 5 Stelle, gravi nei confronti del presidente Napolitano. Ma di certo dal ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, non ci aspettavamo un'invasione di campo. Non è accettabile che un ministro della Repubblica, per di più un ministro tecnico, dica al Parlamento che cosa fare e come farlo.
Il ministro è incappata in due errori gravi. Il primo affermando che amnistia e indulto non potranno riguardare Silvio Berlusconi. E qui tristemente notiamo che non è una posizione originale e fantasiosa: pensare e praticare un codice penale a parte ad uso della condanna di Berlusconi è una turpitudine costante. Il secondo errore è stato quello del portavoce del ministro Cancellieri, che si è affrettato a precisare che «al ministero della giustizia non è in preparazione alcun testo di legge». Peccato che non spetta al ministero preparare il testo, ma la competenza è del Parlamento, come espressamente ha scritto Napolitano, parlando di «perimetrazione» dell'amnistia.
L'atteggiamento della sinistra, cui non importa nulla di chi è sottoposto all'illegalità di una pena che tradisce qualsiasi canone di umanità stabilito dalla Costituzione nell'art. 27, è di una ipocrisia da premio Nobel.
L'atteggiamento della sinistra nei confronti della giustizia è stato sempre ondeggiante tra la figura evangelica del sepolcro imbiancato e quella del sinedrio che imbastisce e fa eseguire processi politici.

Riforma della giustizia partendo dal testo dei «saggi»

Affrontare la questione delle carceri e valutare la necessità di amnistia e indulto, tuttavia, è solo uno di 4 aspetti che nel nostro paese occorre affrontare con riferimento al tema giustizia. La grande occasione ci è stata fornita dal presidente della Repubblica, da ultimo, lo scorso 8 ottobre, ma lo aveva già fatto il 30 marzo con l'istituzione del gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali, la cui relazione finale (punto 5) rappresenta un ottimo punto di partenza per la riforma della giustizia in Italia. E ancora il 1° agosto 2013, con le dichiarazioni a seguito della sentenza della Cassazione su Silvio Berlusconi, il presidente della Repubblica aveva ribadito il valore del lavoro dei «saggi» come base per studiare i termini di una riforma della giustizia.
L'intenzione di dar corpo al testo dei «saggi», d'altronde, è stata manifestata anche dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, nel suo discorso per la fiducia enunciato il 2 ottobre 2013. Il programma iniziale di questa maggioranza prevedeva una riforma delle istituzioni che rafforzasse il potere politico, per poi procedere, con una rinnovata autorevolezza, alla riforma della giustizia. Il testo dei «saggi» è straordinariamente importante, coraggioso, capace di pacificazione. Il problema, per la sinistra, è che ci sono proposte di riforma che sfondano dei tabù. Ad esempio la questione delle intercettazioni.

Procedura d'infrazione europea sulla responsabilità civile dei magistrati

Ancora nel suo discorso sulla fiducia del 2 ottobre, il presidente del Consiglio, Enrico Letta, si è impegnato ad adempiere agli «obblighi europei (a cominciare dal rispetto delle decisioni della Corte di giustizia dell'Unione europea)». Cioè responsabilità civile dei magistrati. Ricordate il chiasso che fece la sinistra per la procedura d'infrazione aperta contro l'Italia per le quote latte? Insulti tutti i giorni al governo, solo per aver cercato di tutelare un settore della nostra agricoltura dagli interessi soverchianti franco-tedeschi. Siccome in questo caso, invece, ci sono di mezzo i magistrati e il loro privilegio di essere principes legibus soluti, svincolati cioè da qualsiasi responsabilità civile, tanti piccoli capi di Stato irresponsabili dei loro atti senza bisogno di farsi votare per il Quirinale; siccome a essere causa della prossima multa ciclopica è un favore fatto alle toghe da un Parlamento impaurito ecco che è sceso il silenzio, o si gira la frittata dicendo che i magistrati non c'entrano.
Dobbiamo giungere a un punto. Il governo deve farlo. Il presidente Letta deve farlo. Come si usava dire alla fine della scorsa legislatura: «È l'Europa che ce lo chiede». Ma all'Europa, evidentemente, rispondiamo solo quando ci va. Il centrodestra si è battuto da sempre per far sì che anche i magistrati siano considerati cittadini uguali agli altri, per lo meno nel pagare i danni quando li provocano. La loro lobby potentissima, sostenuta dalla sinistra con equivoca compiacenza, ha impedito finora che questo principio elementare diventasse regola e prassi.

Referendum radicali per una «giustizia giusta»

Ancora lungo la strada aperta dal capo dello Stato con il suo messaggio alle Camere, il Popolo della Libertà intende intraprendere una vigorosa campagna parlamentare, che avrà il suo perno nella proposta di 6 indagini conoscitive sui 6 quesiti referendari sulla giustizia promossi dai radicali e per i quali il Pdl ha dato un contributo decisivo nella raccolta delle firme. Le indagini conoscitive dovranno incardinarsi nelle commissioni Giustizia dei due rami del Parlamento, al fine di consentire agli elettori di votare sulla base di conoscenze certe e condivise.
Il Parlamento oggi ha davanti a sé una grande occasione. Se legifera sul tema giustizia, raccogliendo le istanze presenti nei quesiti, conseguirà un grande risultato, e darà la dimostrazione della vitalità della istituzione. La riforma della giustizia non è per noi una varia ed eventuale del programma delle larghe intese. Non sono fantasie nostre. Punti inventati allo scopo di porre aut aut. Come ha detto il presidente Letta, che siamo certi sia un uomo d'onore e un politico serio, la riforma della giustizia, insieme alle misure per il lavoro, le famiglie e le imprese sono il cuore della sua azione di governo. Questo è il senso della nostra partecipazione a maggioranza e governo.

Altrimenti inganneremmo gli italiani, come sta facendo Renzi, che dice sì al governo Letta e contemporaneamente lo destabilizza. Noi ci siamo e ci saremo se e finché potremo agire efficacemente come sentinelle contro l'aumento delle tasse e come motore della riforma della giustizia. O così o così. Secundum non datur...

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