IL GOVERNATORE ROBERTO FORMIGONI

Milano«Il pensiero di un arcivescovo non è quello di tutta la Chiesa». Mette i puntini sulle «i» il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e sgonfia la polemica nata attorno alle affermazioni di monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio dei migranti, che si è detto «dispiaciuto» per l’approvazione del pacchetto sicurezza e della linea dura contro i clandestini.
Presidente Formigoni, la Chiesa quindi non boccia il pacchetto sicurezza?
«Quando la Chiesa vuole prendere posizioni ufficiali lo fa in ben altro modo, con altri mezzi. Non certo con le dichiarazioni di un arcivescovo».
Pensa che ci siano state strumentalizzazioni?
«Come sempre quando al governo c’è Berlusconi. La sinistra prende le affermazioni di un monsignore, le trasforma in quelle di tutta la Chiesa e le cavalca come più le fa comodo».
Scene già viste?
«Eccome, è il solito meccanismo. Per carità, la sinistra è liberissima di dire no al pacchetto sicurezza ma non può usare la Chiesa in questo modo».
La Cei parla di accoglienza nel segno della legalità. È d’accordo?
«Sì, è una posizione più cauta, che non appoggia le affermazioni di monsignor Marchetto, così come non le condivido io».
Quindi secondo lei il pacchetto sicurezza non vìola nessun diritto umano?
«Assolutamente no, nemmeno quello, fondamentale, alla migrazione».
Una legge necessaria?
«La metterei così: una legge dolorosamente necessaria. È chiaro che tutti noi vorremmo tendere una grande mano a chi arriva nel nostro Paese, ma non lo si può fare in modo indiscriminato».
Questione di numeri?
«Oggi i numeri dell’immigrazione sono eccessivi. Bisogna porre fine al fenomeno dei clandestini. La sinistra ha fatto credere per anni a mezzo mondo che chiunque in Italia poteva trovare lavoro».
E invece?
«E invece non ce la facciamo con i nostri cittadini. Prima di tutto dobbiamo pensare a dare lavoro a loro».
E poi si penserà agli immigrati.
«Sì, certo. Ma nelle sedi opportune, con strategie ampie. Non basta questa legge».
In che senso «non basta»?
«Il problema della sofferenza dei Paesi poveri va affrontato a livello globale. Se ne parlerà al G8, al G14, al G20. Quelli sono i luoghi giusti dove impostare delle politiche efficaci. La questione è urgente e indispensabile».
Altrimenti?
«Altrimenti rischiamo di perdere un continente come l’Africa, messo in ginocchio da dittature, fame e guerre. Non restiamo insensibili davanti a così tanta sofferenza ma lo sforzo deve essere unanime, di tutti i Paesi».
Cosa propone?
«La vera soluzione non è solo l’accoglienza degli immigrati qui da noi. Sta nell’avviare politiche di sviluppo là, in Africa. Altrimenti un’immigrazione eccessiva danneggia tutti: gli italiani e chi arriva. Non basterà una semplice elemosina, ogni Paese dovrà compiere uno sforzo consistente».
Intanto qui ci si arrangia con le ronde.
«Servono anche quelle. Ma non si chiamino più così. Il termine ronda è sbagliato».
Come le chiamiamo?
«Servizio volontario civile».
Così non sembrerà più una sicurezza fai-da-te, giusto?
«È un servizio organizzato, è una bella iniziativa che non nasconde nulla di violento o di aggressivo.

Anzi, tanto di cappello ai cittadini che decidono di mettere il loro tempo a disposizione degli altri, per infondere sicurezza nella gente e prevenire le azioni dei malintenzionati».
Verrà esteso a tutta Italia il modello già sperimentato a Milano e in Lombardia.
«Bene, tutti i cittadini avranno la possibilità di dare una mano al controllo del proprio territorio».

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