Dopo l'inchino di Schettino al Giglio, ecco quello di Monti a Piombino: la Costa Concordia verrà smantellata nel porto in provincia di Livorno, dopo averlo adeguato per accoglierla a spese manco a dirlo dei contribuenti. Clini l'aveva annunciato, e due giorni fa il Cdm ha certificato la decisione, autorizzando la Protezione civile «in stretto raccordo con il ministero dell'Ambiente e il ministero dei Trasporti, ad adottare i provvedimenti necessari a consentire il trasporto della nave Concordia presso il porto di Piombino per lo smantellamento, utilizzando le risorse già stanziate ed effettivamente disponibili, in raccordo con il ministero dell'Economia». Una vicenda irta di controindicazioni. La prima: il costo dei lavori necessari perché il porto di Piombino possa ospitare in banchina quel gigante dei mari, da 14 mesi reclinato a pochi metri dall'isola del Giglio. Una cifra astronomica: si parla di 160 milioni di euro. Come «regalo» alla regione amministrata dal Pd non c'è male: una cifra comparabile, se non superiore, a quella necessaria a demolire la nave, mentre la ricaduta economica sulla città si attesterebbe su cifre molto più modeste. Poi c'è un problema-tempi. La Concordia, almeno così si spera, dovrebbe poter «navigare» in autunno, ma difficilmente per quella data i costosissimi lavori di adeguamento del porto di Piombino saranno terminati. E infine, anche gli ambientalisti dal Wwf a MareVivo, fino a Greenpeace, con la sola eccezione della più politicizzata Legambiente s'erano detti contrari allo smantellamento a chilometri zero, pronosticando un «pasticcio all'italiana». Tra le obiezioni, la necessità non solo di abbassare i fondali del porto, ma di scavare un canale nei fondali per permettere alla Concordia (che pescherà 18 metri) di arrivarci, al porto di Piombino, con conseguenti costi e problemi di smaltimento dei sedimenti.
Ma l'ultima rotta della Concordia, tracciata da Clini e Monti, a qualcuno piace, eccome. Al Pd, per esempio. Anche perché pare che anche Pierluigi Bersani si sia speso per far restare in Toscana la nave da smantellare. Il segretario toscano del partito democratico, il piombinese Andrea Manciulli, ha esultato per la «buona notizia per la regione e per la città», come pure il governatore Enrico Rossi, da sempre sostenitore di questa soluzione, che venerdì gongolava: «La decisione del cdm risponde al nostro progetto per il quale ci siamo battuti fin dall'inizio di questa vicenda con insistenza», per ragioni «sia ambientali che economiche», ossia un rilancio/riconversione non meglio specificato dell'acciaieria Lucchini. A guastare la festa hanno provveduto però tre parlamentari renziani, Michele Anzaldi, Federico Gelli e Andrea Marcucci, lamentando i costi e l'allungamento dei tempi conseguenti alla scelta di Piombino e contestando la natura di ordinaria amministrazione di quel provvedimento.
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