La grande burla o, se volete, la grande beffa. O luna e laltra messe insieme. La Finanziaria-mostro di Tommaso Padoa-Schioppa, con i suoi 1.346 commi, non solo aveva inserito, allinsaputa di tutti (così almeno si dice), la sanatoria per i reati contabili, ma è caduta ultimamente addirittura nel ridicolo perché lufficio Studi della Camera dei deputati ha scoperto che una norma è ripetuta due volte. Una legislazione così confusa davvero non si era mai vista negli annali del regno e in quelli della Repubblica, nemmeno durante le guerre.
La burla sta nel fatto che alcune norme, come il cuneo fiscale, ancora non hanno ricevuto il via libera dallEuropa per la discriminazione che opera tra le imprese, mentre moltissime altre, per avere efficacia, hanno bisogno di oltre trecento provvedimenti amministrativi ancora da fare. A questo punto sarebbe più facile, e certamente più utile, eliminare in blocco questultima legge finanziaria, visto che leconomia italiana ha ripreso autonomamente la sua crescita sulla scia di quella europea. La beffa sta nel fatto che le uniche norme entrate in funzione sono quelle che aumentano il prelievo fiscale su imprese e famiglia. Allinterno di questa burla beffarda campeggiano poi gli errori di previsione di ieri e di oggi.
Al catastrofismo dei mesi scorsi, con i prolungati silenzi sullaumento delle entrate e sul presunto sfascio dei conti pubblici, si aggiunge lottimismo guascone di questi giorni. Senza spiegarne le ragioni, il governo, infatti, parla di una crescita nel 2007 pari al 2% o addirittura intorno al 3%. Naturalmente i primi dati sono in tuttaltra direzione. La caduta della produzione industriale a gennaio (-1,4%) e la mancata ripresa dei suoi indici a febbraio e nella prima metà di marzo, sono segnali inquietanti. La domanda dei consumi interni resta bassa, gli investimenti pubblici segnano il passo (negli ultimi sei mesi cè stato un solo bando di gara superiore a 20 milioni di euro) e gli investimenti privati non possono che seguire la domanda estera, che incomincia leggermente a rallentare. È vero che nello scorso anno le esportazioni sono aumentate in valore e in volumi (+5%), ma sempre meno della crescita del commercio mondiale (+9%). È proseguita, insomma, la lenta e costante erosione delle nostre quote di commercio internazionale, passate in dieci anni dal 4,6 al 2,5%. Morale della favola: manca una politica capace di rafforzare gli effetti positivi dellattuale ciclo economico internazionale per cui il differenziale di crescita tra noi e lEuropa comunitaria (oltre mezzo punto di Pil) resta pressoché immutato. E che la crescita, come abbiamo sempre sostenuto, sia il fattore centrale anche del risanamento dei conti pubblici, lo dimostra il fatto che un aumento del Pil di quasi il 2% nello scorso anno ha ridotto il rapporto deficit-Pil intorno al 3%.
Da qualche giorno si sono aperti i famosi tavoli di confronto con le parti sociali, ma la sensazione diffusa è che la politica economica navighi a vista, strattonata comè dai sindacati e da Confindustria da un lato, e dallaltro da titoloni di giornali che rendono ancora più timida lazione di governo. Non ci sembra, infatti, di scorgere quella politica della domanda, essenziale nel breve periodo, incentrata su investimenti pubblici, sostegno dei consumi delle famiglie e incentivi fiscali a termine per accelerare gli investimenti privati. Alla stessa maniera resta un miraggio, nel medio periodo, una nuova politica dellofferta, fondata su innovazione e recupero di produttività.
La riforma delle pensioni è urgente, visto il fallimento verso cui si avvia la previdenza integrativa, ma se non cè la forza politica per farla, meglio non toccare quella che cè per evitare ulteriori disastri. La risposta alle difficoltà delle famiglie e delle imprese, insomma, non è quella che dà lultimo decreto Bersani, con i suoi barbieri, le sue estetiste, le ricariche sui telefonini e con tutto il pot-pourri di norme, anche giuste, che sono solo semplificatrici di una parte della vita amministrativa.
Geronimo
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