Berlusconi è preoccupato. Sì, certo: i giudici. Soprattutto oggi dove a Milano è prevista la sentenza del processo Ruby. L’ex premier non si aspetta che il collegio giudicante dia torto alla Boccassini. Al di là dell’assurdità delle accuse è ovvio che ciò che farà più male sarà l’inevitabile eco mediatica. Ma è soprattutto l’economia a impensierire il Cavaliere. Il quale non è soddisfatto del governo, seppur non staccherebbe la spina a cuor leggero. In più c’è da aggiungere l’irritazione per l’addebito del premier Letta al governo Berlusconi dell’aumento dell’Iva. Una lettura contestata duramente da tutti i big del Pdl che il Cavaliere ovviamente condivide.
Così non si può andare avanti. A chi lo sente ripete che serve una scossa per l’economia.E lo scossone sarebbe attuare le misure del Pdl. Nessuna alternativa: o si fa così o l’esecutivo va a sbattere. Presto, peraltro: estate o autunno. Non è una questione di ripicca per le vicende giudiziarie; non è neppure un puntiglio per piantare una bandierina politica. È che, per Berlusconi, o si tagliano le tasse e le spese o il Paese muore. Letta jr. ce la mette tutta ma gli altolà alle politiche liberiste arrivano, come al solito, dal ministero dell’Economia. I cordoni della borsa vengono tenuti dal titolare di via XX Settembre e non è un mistero che i non possumus partano da lì. «Non ci sono soldi » è la litania quotidiana che impedisce o rimanda l’abrogazione definitiva dell’Imu sulla prima casa,lo stop all’aumento dell’Iva, la riforma del mercato del lavoro. Per il Cavaliere due sono le risposte all’obiezione della scarsità di risorse. La prima: i soldi ci sono se si aggrediscono spese e sprechi. La seconda: non si riesce a tagliare? Allora si vada in Europa ad alzare la voce. Quello della guerra a Bruxelles è diventato un suo pallino. «Ora basta genufletterci ai voleri della Merkel» è il grido di battaglia. Ripete: «Io non sono contro l’Europa. Sono contro “questa” Europa». Alternative non ce ne sono: o si alza la voce minacciando l’addio all’Europa dei burocrati, o l’Italia è destinata a fare una brutta fine. Immolarsi sull’altare dell’austerità non ci salva, anzi: peggiorerebbe la spirale recessiva. «Non lo dico solo io. Lo dicono pure premi Nobel dell’Economia».
Così, l’atteggiamento nei confronti del governo Letta non muta di un millimetro. O agisce o fa le valigie. Un’ipotesi che non fa certo esultare Berlusconi, in questi giorni particolarmente bersagliato dalla magistratura. Oggi la sentenza sul caso Ruby; giovedì la Cassazione che riprende in mano i fascicoli relativi al lodo Mondadori e al maxi risarcimento di 560 milioni a De Benedetti; sempre giovedì l’udienza preliminare per il rinvio a giudizio sul caso De Gregorio; quindi la Cassazione sul procedimento Mediaset dopo che la Corte costituzionale gli ha stracciato sotto il naso il ricorso per legittimo impedimento. La solita battaglia di frange di magistrati che combattono il Cavaliere da vent’anni.
In più, adesso, in un decreto legge preparato dal Guardasigilli Anna Maria Cancellieri, ci sarebbe una norma in grado di spaventare il Cavaliere. Il provvedimento, che dovrà planare mercoledì in consiglio dei ministri, modifica la legge ex Cirielli in un punto che riguarda le pene per gli ultrasettantenni. La ex Cirielli garantiva che chiunque avesse compiuto settant’anni di età, salvo reati gravissimi, avrebbe potuto scontare la pena «nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza e accoglienza ». Insomma, niente carcere.
Peccato che al ministero della Giustizia si voglia sopprimere questa norma, lasciando in vita solo la «possibilità» dei domiciliari se la pena della reclusione non è superiore ai 4 anni. Insomma, stop all’automatismo dovuto all’età per il carcere: sarà il giudice della Sorveglianza a valutare caso per caso se scegliere il penitenziario o le misure alternative. Alla faccia della pacificazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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