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Gubitosi crede di essere il padrone della Rai: "Perso Crozza per colpa dei politici, ora basta"

Gubitosi difende il maxi stipendio di Crozza e dice no alla pubblicazione dei compensi di star e dirigenti: "Solo la Rai avrebbe l’obbligo di trasparenza". Dimentica che l'azienda è pubblica

Gubitosi crede di essere il padrone della Rai: "Perso Crozza per colpa dei politici, ora basta"

Il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi vuole la politica fuori dalle scatole. Non ammette intromissioni. In viale Mazzini vuole fare il bello e il cattivo tempo, manco fosse il padrone della baracca. Vorrebbe, per intenderci, strappare un maxi assegno a sei zeri per mettere le mani su Maurizio Crozza facendo finta che quei soldini non sono suoi, ma dei contribuenti. Forse, dimentica che l'editore dell'emittente è il dicastero dell'Economia e che, proprio per questo, la politica deve avere l'ultima parola sui bilanci. D'altra parte, lo stesso Gubitosi è stato nominato direttore generale il 17 luglio dello scorso anno da un consiglio di amministrazione nominato dal parlamento.

Gubitosi pesta i piedi per terra. È furibondo con la politica che gli ha guastato il giochino di strappare Crozza a La7 per portarlo da mamma Rai. Un giochino che ai contribuenti sarebbe costato la bellezza di 25 milioni di euro sonanti. Parla di "concorrenza". Lui stesso ha provato a fare la guerra a Urbano Cairo gonfiando il cachet del comico a cifre stellari che appartengono allo Stato italiano. Eppure non vuole che sia lo Stato - e quindi la politica - ad avere l'ultima parola su investimenti così importanti. "Non siamo riusciti a chiudere la trattativa per le polemiche sui compensi che hanno creato forte tensione - ha tuonato il dg della Rai - si tratta di intromissioni nelle normali regole della concorrenza che rappresentano un’anomalia italiana. Lasciateci competere senza interferenze". Una presa di posizione che, oltre a non tener conto degli assetti di viale Mazzini, offende in primis la Vigilanza Rai e, di sponda, tutti gli italiani che pagano il canone. A loro il direttore generale sembra non voler proprio rendere conto. Tanto che si è posto di traverso alla richiesta di pubblicare i compensi di star e dirigenti, avanzata da Renato Brunetta in commissione di Vigilanza. "Solo la Rai avrebbe l’obbligo di trasparenza a livello di dettaglio disaggregato - ha spiegato - la pubblicazione dei compensi potrebbe ridurre la capacità della Rai di trattenere risorse". Gubitosi vorrebbe, infatti, mettere tutto a tacere, anche i rumors sulle trattative per portarsi Crozza in Rai. Non ci pensa neanche lontanamente di ammettere che i 25 milioni garantiti al comico e al suo programmano sarebbero stati un tantino eccessivi. Così, si schermisce accusando la politica di avere "paura della satira". "C'è stata una intromissione nelle normali regole della concorrenza che rappresenta un’anomalia italiana - ha concluso Gubitosi - Cairo, rinnovando il contratto con Crozza, ha preferito non rivelare il suo cachet". Il direttore generale di viale Mazzini sorvola su un particolare che non è affatto di poco conto. La7 è una emittente privata, mentre la Rai è pubblica, quindi dei cittadini, quindi non può spendere 25 milioni di euro come se niente fosse.

Brunetta ha chiesto al presidente della bicamerale Roberto Fico di "organizzare una specifica riunione della Vigilanza" per discutere del comportamento di Gubitosi. "Ci sono regole che pongono vincoli, per la natura della Rai e per il contesto giuridico e proprietario", ha sottolineato Maurizio Gasparri facendo notare al dg che la specificità della Rai si ripercuote anche sui compensi.

Se da una parte può soffrire di uno svantaggio competitivo, dall'altra gode senza dubbio di un vantaggio senza pari: metà del bilancio è, infatti, pagato dal canone.

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