«Il bipolarismo è morto, via al Partito della Nazione» (giugno 2010). «Il Terzo polo è finito, ora bisogna schierarsi» (l'altro giorno). In mezzo, tra una piroetta e l'altra, un campo di macerie fatto di coalizioni lanciate e schiantate, alleanze buttate al macero, nuovi partiti morti prima di nascere, accordi svaniti dietro i fulminei slalom di «Pierfurby», l'anguilla della politica italiana, il Fregoli appostato al centro perché da lì si trama meglio. L'apparenza inganna. Dietro l'aria piaciona da caposcout c'è una vecchia volpe delle manovre parlamentari, un rabdomante del posizionamento, un calcolatore di fino, uno «sterminator» (o Incasinator) di coalizioni: dove passa lui non cresce più alleanza.
Ci sono passati tutti e tutti ci sono cascati e poi scottati. Da Martinazzoli a Mastella a Berlusconi a Fini a Bersani (sì, provò un'alleanza anche col Pd) a Rutelli agli ex Tabacci e Follini fino a Monti, ultima vittima. Finiti nelle spire di Incasinator, sopravvissuti - pochi di loro - per miracolo, gli altri sterminati. L'ex mezzobusto del Tg1, l'avellinese Pionati, un altro dei turlupinati da Sterminator, è da anni che lancia allarmi, inutilmente. Ora, col Prof finito nella rete di Casini, ha la sua piccola rivincita: «Anche il presidente Monti ha scoperto chi è Casini, il suo opportunismo che ha portato l'Udc alla disfatta!». Ma guai a sottovalutare Casini, che ha sette vite (politiche) come i felini («l'Udc cresce dello 0,2%!» ha annunciato Mentana al TgLa7, dopo l'affondamento di Scelta civica ad opera dei torpedinieri Udc). Di gran lunga più furbo di Fini, il leader Udc si è fatto candidare al Senato, sapendo che alla Camera era dura entrare. Poi, una volta lì, un minuto dopo, ha iniziato la decostruzione di Monti (in combutta con Mauro, a cui Casini ha prestato la sua ex portavoce), un principiante della politica alle prese con una cintura nera del trasformismo. Non prima di aver piazzato, facendo leva su Monti, un po' di fedeli casiniani in poltrone importanti: un ministro (D'Alia), un sottosegretario (Galletti), un questore del Senato (De Poli), alcune vicepresidenze.
Monti, per la verità, i vecchi arnesi dell'Udc non li voleva, ma poi li ha digeriti perché l'amore di Casini per il Prof sembrava genuino, anche perché l'Udc è stato uno dei più entusiasti sponsor di Monti. Una corte martellante per farlo scendere (anzi «salire») in politica, una sviolinata ininterrotta da parte di Casini, sicuro che senza Monti sarebbe rimasto fuori dal Parlamento (è lì dal 1983). «Senza Monti l'Italia sarebbe nel baratro», «Se lo spread è sceso è solo per lui», «Grazie a Monti ci lasciamo alle spalle la vecchia politica», fino all'esultanza per «il gol più bello», cioè la decisione finale di Monti di candidarsi e fare una sua lista con dentro i centristi. Sedotto e poi abbandonato, Monti, dallo sciupa-alleati Casini. Poteva chiedere informazioni al povero Rutelli. «Piena sintonia su tutto» spiegò Casini uscendo da una riunione con lui e Fini, allora leader di Fli. Il progetto era un nuovo «contenitore» dei partiti del Terzo polo, per superare «il bipolarismo muscolare», dato per morto. Rutelli abboccò, giusto il tempo di essere scaricato, lui e gli altri, da un tweet di Casini: «Quell'esperienza (il Terzo polo, ndr) non è in grado di rappresentare la richiesta di cambiamento che arriva dagli italiani». Berlusconi ci finì impigliato nel 2005, quando l'Udc si mise a fare le bizze dentro la Cdl.
Il Cav non se l'è più dimenticato («Casini è tra le persone peggiori che ho incontrato nella mia vita. Traditore non mio, ma di chi lo ha eletto»). Ora i tentacoli di Casini puntano verso il centrodestra. Per distruggerlo, s'intende.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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