I consumi in Italia mai così giù dal 1946 e S&P vede nero

Le famiglie hanno speso 35 miliardi in meno. Quest'anno prodotto interno in calo del 2,4%

I consumi in Italia  mai così giù dal 1946 e S&P vede nero

Indietro, sempre più indietro. Sotto la spinta di una recessione che «si sta aggravando», come certifica Standard&Poor's, ma anche a causa della caduta verticale di consumi e mutui. È l'Italia d'oggi, schiacciata tra l'incudine della crisi del debito sovrano e il martello di un'economia reale ormai asfittica al punto da rendere nulle le prospettive di una ripresa nel breve periodo.

Le cifre diffuse ieri da S&P parlano chiaro: quest'anno il Pil subirà una contrazione del 2,4%, seguita da un -0,6% nel 2013, mentre per un primo barlume di crescita si dovrà aspettare il 2014 (+0,4%). Nell'ipotesi di una recessione grave, non esclusa dall'agenzia di rating, l'economia italiana scenderà del 2,6% quest'anno e del 2,1% il prossimo, per poi risalire dell'1,3% nel 2014. Si tratta di stime pessimistiche rispetto a quelle riviste di recente dal governo, che ha fissato a -2,4% il calo 2012 e a -0,2% quello del prossimo anno, con ricadute sul mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione sarà all'11% nel 2013, dopo essersi attestato al 10,7% nel 2012.

È del tutto evidente che un simile peggioramento dello scenario congiunturale includerebbe un'ulteriore sforbiciata alle spese private, già fortemente compresse. «Il 2012 - conferma infatti la Confcommercio - dovrebbe presentare la peggiore variazione negativa della spesa reale pro capite della storia della Repubblica (oltre il -3%)». Non solo. Tra il terzo trimestre del 2007 e il secondo trimestre di quest'anno i consumi pro capite degli italiani sono diminuiti in termini reali del 6,5%. Il no shopping ha avuto conseguenze pesanti su tutti i comparti commerciali. Solo pochissimi settori di spesa (telefonia e informatica) e solo un canale di distribuzione, il discount, hanno infatti tenuto i livelli di fatturato del 2011. Nel primo semestre di quest'anno la grande distribuzione, nel complesso, ha registrato in termini tendenziali un modesto incremento (+0,1%), contro una flessione del 2,6% del fatturato delle imprese che lavorano su piccole superfici. A tenere un profilo di crescita più dinamico nei primi 6 mesi dell'anno sono solo i discount (+1,8%) e i supermercati (+1,4%).

Numeri che, per quanto negativi, potrebbero rivelarsi sottostimati a fine anno. Secondo le associazioni dei consumatori, il calo dei consumi rischia di essere pari al 5%, pari a un taglio di ben 35,5 miliardi di euro. Per le famiglie ciò si traduce in una riduzione di spesa di circa 1.480 euro, cioè oltre una mensilità di stipendio.

C'è poi un altro fronte caldo, quello relativo ai mutui. È un altro termometro dell'economia che rivela sia la riluttanza delle banche a concedere prestiti per evitare un aumento delle sofferenze, sia un calo della domanda legato all'impossibilità delle famiglie di contrarre debiti. Il risultato è che nel primo trimestre 2012 i mutui (92.415 in totale) sono diminuiti del 49,6% rispetto al primo trimestre 2011, come sottolinea l'Istat. L'istituto di statistica specifica inoltre che i mutui con costituzione di ipoteca immobiliare (64.

116) hanno registrato una flessione tendenziale del 39,2%, quelli non garantiti da ipoteca immobiliare (28.299) sono diminuiti del 63,6%. Non si fa dunque fatica a capire il crollo tra gennaio e marzo delle compravendite (-17%), con le case che vanno peggio di uffici, negozi, capannoni.

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