Nel 1219 Francesco d'Assisi si imbarcò per l'Oriente, per le province di Terra santa. Si fermò in Egitto, dove incontrò il Sultano e, racconta sorridente nel suo saio scuro padre Ibrahim Faltas, fu il primo ad aprire il dialogo fra il mondo cristiano e l'islam.
Padre Faltas, francescano egiziano e parroco di Gerusalemme, dopo l'elezione del Pontefice è a dir poco entusiasta. Già dai suoi primi minuti al balcone di San Pietro, dice al Giornale, «il Papa ha trasmesso gioia a tutti, anche i miei amici musulmani mi hanno chiamato contenti». Entusiasmo anche per la scelta del nome, Francesco, che non è stato soltanto l'uomo dell'umiltà. Il Santo di Assisi ha costruito anche ponti fra fedi diverse, ricordano nella Città santa a tre religioni francescani e gesuiti. Domenica, il Papa Bergoglio ha cominciato le celebrazioni della sua prima Settimana santa da Pontefice, mentre a Gerusalemme i cristiani arabi guardavano a Roma: «Papa Francesco we love you», c'era scritto sulla striscione di un gruppo di scout nella città vecchia, mentre durante la processione della domenica delle Palme dal Monte degli Ulivi, la folla portava i colori del Vaticano. In Terra Santa il nuovo Papa fa sorgere speranze. Nella città vecchia, tra le botteghe di souvenir dei cristiani arabi che vendono madonne in gesso e rosari in plastica, il nome di Francesco è impresso sulle pietre bianche degli edifici. «St. Francis road», è scritto in caratteri latini, arabi e in ebraico sul muro di una stretta stradina a pochi passi dal Santo Sepolcro. Qui ha la sua bottega Alfredo Ra'ad, un arabo cattolico di origini italiane. In un italiano zoppicante, racconta come stia pensando di vendere il negozio che fu prima di suo padre e di suo nonno. I pellegrini scarseggiano, i cristiani - il 2% della popolazione in Israele - partono all'estero per problemi economici, sociali, ma anche per tensioni interreligiose. «Spero che questo Papa faccia qualcosa per i cristiani di Gerusalemme che soffrono, stretti in un conflitto tra musulmani ed ebrei». Come lui, molti altri cristiani del quartiere vedono nell'elezione di Papa Francesco una nuova opportunità per il dialogo e per la loro indebolita comunità. Accanto alla semplicità di Francesco, un aspetto «chiaro» della vita di Bergoglio è «l'incontro», racconta al Giornale padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa. A Buenos Aires, spiega, il cardinale era «un riferimento sereno sia per la comunità islamica sia per quella ebraica. Arriva da un mondo culturale che non è europeo e come argentino conosce bene l'immigrazione»: garanzie, secondo il Custode di Terra Santa, di un papato che cercherà di creare ponti tra culture, come si è già intuito dai primi passi del Pontefice. Il francescano Pizzaballa ha incontrato più volte il cardinale Bergoglio a Buenos Aires ed è stato sorpreso dalla sua semplicità. In città, spiega, nessuno lo chiamava Sua Eminenza, ma soltanto «padre». Sorride quando ricorda il suo primo ingresso nell'episcopio della capitale argentina: «Vedevo un tizio che aiutava il fratello con cui viaggiavo a parcheggiare. Pensavo fosse il segretario di sua Eminenza, soltanto dopo ho capito che invece era proprio sua Eminenza».
Fuori dalle bianche mura della città vecchia, anche padre Luc Pareydt, consigliere per gli Affari religiosi al Consolato francese di Gerusalemme e gesuita come il novo Papa, ricorda come Francesco sia stato il santo di un dialogo di cui questa regione ha necessità disperata: «Papa Francesco troverà sulla sua scrivania molti dossier in arrivo dal Nord e dal Sud del mondo - dice - tra questi ci sono la questione dei cristiani d'oriente e la questione di questa Terra Santa, questa terra d'Israele e Palestina divisa da troppo tempo. Il presidente israeliano Shimon Peres ha detto di sperare in una visita del Papa presto.
Penso che il Pontefice debba rispondere presto all'invito: qui c'è bisogno di un messaggio di spiritualità».E Papa Francesco ha già promesso al patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I di unirsi a lui in viaggio a Gerusalemme, forse nel 2014.
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