RomaPer quest'anno la copertura è stata trovata. Ma in futuro, la restituzione dei crediti che le aziende vantano nei confronti della Pubblica amministrazione potrebbe diventare un problema, perché dipenderà da una copertura ballerina, soprattutto in questi tempi di mercati depressi: la vendita degli immobili pubblici e le privatizzazioni.
Ne ha parlato ieri il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, in un breve passaggio dell'intervista rilasciata al Sole 24 Ore. Il governo, ha assicurato, intende andare avanti con i rimborsi. «Le procedure sono state messe a punto, la certificazione permetterà di respirare attraverso le banche», ha premesso Grilli, per poi ammettere: «Ora c'è un problema di risorse. Bisogna alimentare il fondo che nel 2012 era stato di 6,7 miliardi. E lo faremo attraverso le dismissioni. Più successo avremo con queste ultime più potremo accelerare i pagamenti. Una parte di quanto incasseremo andrà a ridurre il debito finanziario, una parte a quello commerciale». Se l'obiettivo del ministro dell'Economia - un punto di Pil in cessioni - sarà rispettato non ci saranno problemi di copertura. A meno che qualcuno, magari le istituzioni europee, non abbia da ridire e imponga di usare queste risorse esclusivamente per abbattere il debito pubblico.
Il dato è comunque, che per rispettare gli impegni presi dal governo, non si ricorrerà a tagli di spesa corrente. La copertura non è garantita e dipende da dismissioni, che sono misure una tantum. Nelle settimane scorse il ministro dell'Economia aveva detto che ci sono circa 1,4 miliardi di fondi pubblici non utilizzati dalle imprese per farsi rimborsare i crediti commerciali e aveva suscitato le proteste di Confindustria.
Ieri è stato il turno delle imprese dei servizi (che sono il principale «cliente» dello stato), mobilitate per denunciare lo stato cattivo pagatore. Il Taiis, tavolo inter associativo delle imprese dei servizi, che rappresenta 18mila aziende per un fatturato di 50 miliardi e 900mila lavoratori, ha calcolato ritardi medi di 220 giorni e un debito pregresso, per il solo settore, di 34 miliardi su un totale di 90-100 miliardi. I pagamenti ritardati, e il disconoscimento degli interessi legali di mora, che non ha eguali in Europa - denuncia il Taiis - penalizza le imprese serie e correte. «Le imprese muoiono di legalità», ha denunciato Massimo Stronati, presidente Federlavoro - Confcooperative. «È tempo di superare l'idea che i servizi costituiscano solo un costo da tagliare - ha detto Giuseppe Gherardelli, coordinatore del Tavolo - è necessaria una riforma culturale oltre che legislativa che incida sui comportamenti e sulle responsabilità». «Siamo a due anni dalla direttiva comunitaria. Lo stock di debito ammonta a 90 miliardi. Non occorrono il decreto Sviluppo, il Salva Italia, CrescItalia, Salva Imprese. Siamo stanchi delle politiche degli annunci», aggiunte Giuseppe Guerini, presidente Federsolidarietà Confcooperative.
Il Taiis ha presentato un decalogo con le richieste delle imprese, dove si denuncia come le aziende siano diventate una «banca per la pubblica amministrazione», visto che il pubblico trattiene senza titolo risorse dei privati, praticamente a costo zero. Per superare questa situazione è necessario che sia recepita la direttiva europea sui pagamenti.
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