I pm "accontentano" Ruby: interrogata

Chiede di raccontare la verità e i giudici di Milano la convocano: verrà sentita, ma non nel processo al Cavaliere

Davanti al tribunale di Milano Ruby mostra il passaforto falso
Davanti al tribunale di Milano Ruby mostra il passaforto falso

«Chiedo di essere sentita dai giudici di Milano per raccontare la verità», aveva detto giovedì Ruby Rubacuori: passa un giorno appena, e l'appello non cade nel vuoto. All'indomani della apparizione di Kharima el Mahroug sulla scalinata del palazzo di giustizia milanese, finalmente un giudice apre una finestra: «vogliamo sentire la verità di Ruby». Come era in teoria ovvio che accadesse, visto che si tratta della vittima principale dei reati contestati a Silvio Berlusconi per le allegre notti di Arcore; ma bizzarramente finora nessuno - né pm, né giudici, né difensori - aveva ritenuto doveroso vederla in faccia. Ieri invece è Annamaria Gatto, giudice del cosiddetto processo Ruby 2, a prendere atto dell'inevitabile. Se, come qualcuno sospetta, quello di Ruby è un bluff, il giudice ha deciso di vederlo. E in una delle prossime udienze la ragazza dovrebbe venire in aula, a ripetere sotto giuramento quello che giovedì ha detto nel pigia pigia sulla scalinata: che Berlusconi è innocente, e che i pm hanno cercato di costringerla ad incastrarlo.

La svolta arriva al termine della ennesima udienza a carico di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, tutti accusati di induzione alla prostituzione. Anche questo processo è agli sgoccioli, con gli ultimi interrogatori dei testimoni a difesa. Ieri gli avvocati di Lele Mora, che avevano inserito Kharima tra i testi, annunciano che rinunceranno a interrogarla. E a quel punto il giudice Gatto sfodera tutto il suo buon senso e dice: «Allora credo che dovremo interrogarla noi». È la possibiltà che il codice assegna ai giudici, se arrivati alla fine del processo c'è ancora qualche tassello che manca per capire come le cose sono andate davvero. E come si può pensare che la versione di Ruby, vera o falsa che sia, non sia essenziale?

C'è ancora una sola possibilità che potrebbe impedire l'apparizione in aula della ragazza: che tutti gli avvocati degli imputati e delle parti civili diano il loro consenso all'utilizzo dei verbali - contraddittori, e in alcuni passaggi vistosamente fantasiosi - riempiti da Ruby durante le indagini preliminari. La Procura ieri si precipita a dire che a lei va bene così: i pm, che dovrebbero essere i primi a voler accertare la verità dei fatti, sono i primi a non volere Ruby in aula, come se temessero di non saperle tener testa. Ma è improbabile che anche gli avvocati di Emilio Fede e Nicole Minetti diano il loro consenso. E addirittura inverosimile è che diano compattamente il loro consenso i legali delle cinque ragazze che si sono costituite parte civile. Insomma, per impedire a Ruby di presentarsi in aula a rispondere servirebbe una inspiegabile alleanza trasversale tra accusati e accusatori.

La certezza si avrà nel giro di un paio di udienze, ma nel frattempo bisogna prendere atto che Ruby con la sua scelta ha ottenuto di smuovere le acque. Anche se per questo si è tirata addosso un coro di accuse di complicità a pagamento con Silvio Berlusconi.

E se ieri le piombano addosso via twitter le contumelie, feroci e a volte razziste di altre ragazze ospiti delle feste a Villa San Martino: «tornatene in Marocco col gommone come sei arrivata!», scrive Barbara Guerra, che aggiunge garbatamente «si è fatta mezza Milano in sei mesi!». E Ioanna Visan: «Si, con quella faccia brufolosa e le ascelle puzzolenti!».

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