I pm finalmente scoprono che Ciancimino è un ballista

Per i magistrati di Caltanissetta il supertestimone si è rivelato «inattendibile»

I pm finalmente scoprono che Ciancimino è un ballista

Poveraccio. I pm di Caltanissetta gliene dicono di tutti i colori all’«icona antimafia», secondo un’infelice espressione del loro collega palermitano Ingroia. Massimo Ciancimino che nascondeva esplosivi in giardino, che da super testimone intratteneva rapporti con la criminalità organizzata, che è finito dentro per aver calunniato De Gennaro, che in comparsate tv e interrogatori ha spaziato da Provenzano a Ustica fino al caso Moro, è stato bollato come inaffidabile. Nelle 1.670 pagine dell’ordinanza sul caso Borsellino, riguardo alla «fonte di prova» Massimo Ciancimino «da tempo è stato formulato un giudizio di sostanziale inattendibilità».
Le toghe spiegano di aver indagato sulle sue panzane perché almeno all’inizio, avendo il ragazzo avuto un ruolo nei rapporti tra il padre e il Ros, sembravano attendibili. Anche se poi risulteranno in buona parte non corrispondenti al vero. Così i famosi documenti del papà don Vito, consegnati a rate in procura, «quasi del tutto inutilizzabili per molteplici ragioni che vanno dalla impossibilità di dimostrarne la provenienza e autenticità fino alla provata contraffazione», come il pizzino su De Gennaro o quelli attribuiti a Provenzano smentiti dal pentito Giuffrè che la calligrafia del Padrino conosceva assai bene. L’unico risultato ottenuto dalle parole di Ciancimino jr è stato l’aver «risvegliato la memoria di persone che, pur non direttamente chiamate in causa da quest'ultimo, forse temevano che Ciancimino fosse a conoscenza di vicende inerenti la «trattativa» di cui essi erano stati testimoni privilegiati e che in precedenza non avevano mai rivelato».
Il successivo «apporto collaborativo» ha deluso le aspettative caratterizzandosi «per una progressione dichiarativa incalzante - talvolta priva di logica e di coerenza - su fatti e soggetti, su cui sono state svolte complesse indagini con enorme e inutile dispendio di risorse». Per spiegarsi meglio: «Le indagini hanno dimostrato che Ciancimino ha reso dichiarazioni molto spesso insuscettibili di riscontro ovvero riscontrate negativamente. Ma, ciò che è più grave, in diversi casi si è acclarato che non ha detto la verità e ha anche commesso gravissimi reati di calunnia a danno di personaggi delle istituzioni, tanto da indurre questa Procura a formulare un giudizio finale sostanzialmente negativo» sulla sua attendibilità e a ipotizzare «l’esistenza di un personale disegno criminoso». Del resto, fanno notare i pm, «a ben vedere il bilancio della “pseudo-collaborazione” di Ciancimino sembra essere più favorevole agli interessi di Cosa Nostra che a quelli dello Stato».
Ma è proprio il personaggio in sè a essere particolare: negli interrogatori «ha talvolta mostrato un quadro di emotività eccessiva e mutevole, di ricerca di attenzione manifestata da uno stile narrativo impressionistico e privo di dettagli, con tratti di autodrammatizzazione e teatralità». Trattasi di soggetto «il cui comportamento processuale è stato influenzato e distorto da un struttura della personalità connotata da marcati atteggiamenti istrionici». Dalle intercettazioni «emerge più volte la sua abitudine di inventare circostanze inesistenti ai suoi interlocutori e perfino di attribuire a taluni magistrati (...) comportamenti di contiguità e vicinanza alla sua persona».
Il motivo di tante minchiate? Eccolo. «Il comportamento processuale, intrinsecamente contraddittorio e illogico (...

) può trovare una chiave di lettura nella convinzione da parte sua di potere salvaguardare il proprio patrimonio e la propria persona dalle inchieste(...) adottando un atteggiamento apparentemente collaborativo in modo da beneficiare di una benevola considerazione».

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