«I prof sbagliano su tutto il problema non era il Cav»

RomaDa 500 punti (di spread) siamo partiti, a 500 siamo tornati. In mezzo, un governo spedito a casa e otto mesi di miracolo che non c'è. «Io e alcuni altri lo avevamo detto» dice Guido Crosetto, che a pensar male ci aveva visto bene. «Che il problema fosse Berlusconi e che tolto lui sarebbe tornata la pace era una favola utile per i partiti. I problemi sono altri. Il debito pubblico, la mancanza totale di regole nei mercati internazionali, l'assenza di una Bce che faccia da regolatrice vera».
E Monti? All'inizio la bufera si era calmata.
«Perché il Paese aveva dato un segnale fortissimo con una maggioranza bulgara, fatta anche dal partito del premier che si era dimesso. Sulla carta poteva essere un'occasione storica per il governo».
Sprecata?
«Totalmente sprecata. Io ho votato la prima fiducia a Monti. Ma poi ha cominciato a fare i provvedimenti, e ho votato contro, malgrado l'appoggio del mio partito al governo».
Dove sta sbagliando l'esecutivo?
«Si è appiattito sulla linea del rigore e sul deficit togliendo risorse all'economia e paese. Ma imporre il rigore ad un'economia in crisi è come chiedere di fare la maratona ad uno con 40 di febbre».
Monti non è più credibile per i mercati?
«Rispondo con un esempio concreto. Se voglio tenere lontano i ladri da casa mia, un conto è se dico che ho un fucile. Un altro conto è se dico che comprerò un fucile tra un mese, e le cartucce tra tre mesi. O, peggio, che comprerò un arco con le frecce. Questo è un invito a nozze per i criminali. E così è successo per le promesse sulla crescita e la speculazione finanziaria sull'Italia».
Avremmo fatto la fine della Grecia, le risponderebbero.
«Monti è convinto di quello che ha fatto, la realtà ci dimostra che ha sbagliato. Doveva concentrarsi sui meccanismi di vendita, bisognava prendere i soldi dalla spesa pubblica prima di metterle nelle tasche degli italiani. Ricordo anche le riserve superflue della Banca d'Italia».
Andavano prese lì le risorse?
«In parte, certamente. Voglio anche segnalare, facendomi un po' di nemici, che le fondazioni bancarie nascono dal pubblico. E poi c'è tutta la parte sulla vendita del patrimonio immobiliare dello Stato».
Vendere, ma a chi?
«Nel mondo ci sono tantissimi soldi e tantissima gente che vuole investire in Italia, ma vanno messi bene a punto dei meccanismi che garantiscano gli investitori. Magari saranno russi e arabi o brasiliani, ma il nostro è un paese ancora attrattivo per chi ha capitali. Però per essere credibili dobbiamo ridurre drasticamente la spesa pubblica».
La spending review non va in quella direzione?
«Non intacca minimamente la macchina burocratica e segue la logica dei tagli lineari, che già avevamo criticato quando era Tremonti a farli. Se hai una macchina che consuma molto e vuoi fare economia non serve a niente fare meno benzina, devi cambiare la macchina. L'Italia invece mette meno benzina alla stessa gigantesca macchina burocratica, senza ridurla».
Lei però fa parte del Pdl, che tiene in piedi il governo Monti.
«Perché non ci sono alternative. Il percorso con cui è iniziata questa stagione, cioè con la deposizione dell'ascia di guerra, è destinata a continuare. Le immagini della Spagna di oggi rischiano di diventare quotidiane. Il rischio di una crisi pesantissima è reale, difficilmente potrà essere gestita da una maggioranza di destra o di sinistra. Questo passaggio, purtroppo, dobbiamo farlo tutti».


Sta dicendo che dopo Monti ci sarà ancora Monti?
«No, dico che ci vuole un governo legittimato dal popolo ma che dovrà essere sorretto da una larga maggioranza. Dopo il voto tutti dovremo ragionare senza magliette partitiche».

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