I ribelli voteranno la fiducia. La Bindi: "Il Pd ha sbagliato"

Puppato e Gozi rientrano nei ranghi sul governissimo, Civati invece si arrocca. La presidente uscente all'attacco: "Berlusconi ha ottenuto risultati, colpa nostra"

Contrordine compagni: «Dopo lunga riflessione», e si immagina impegnativa, (nonchè dopo ampia visibilità mediatica) i «dissidenti» del Pd rientrano all'ovile. Voteranno anche loro il governissimo col Caimano.
La notizia è di quelle che si possono dare anche a Borse aperte, diciamo: che Laura Puppato (nota per aver preso più voti di Tabacci alle primarie) o Sandra Zampa (nota per essere stata addetta stampa di Prodi) votino o no la fiducia al governo del vicesegretario del loro partito non sposta granché sui mercati, però nel Pd sono contenti. Non tutti, in verità, perché qualcuno in un bel dissenso manifesto che facesse «un po' di pulizia a sinistra», come dicono in casa ex Margherita, ci sperava. «Sono anni che aspettiamo che un po' di duri e puri mai d'accordo se ne vadano, e invece non si scindono neppure con l'inciucio?», scherzava (ma non del tutto) Peppe Fioroni pochi giorni fa. Niente da fare: in un documento congiunto, le due parlamentari, insieme al prodiano Sandro Gozi, annunciano che «il senso della nostra fiducia» sta in «un atto di responsabilità individuale e collettiva che ci assumiamo nei confronti di tutti gli italiani e di coloro che ci hanno dato fiducia con il loro voto. Una fiducia che vogliamo meritarci ogni giorno di più». Resta la suspense su quanto farà un altro dei loquaci dissidenti, Pippo Civati: in un primo tempo era stato dato come anche lui firmatario del documento di ritrattazione della sfiducia. Ma nel giro di mezz'ora l'esponente lombardo del Pd ha smentito: «Non ho firmato alcuna dichiarazione di fiducia. Le mie perplessità sul governo Letta rimangono e prenderò una decisione solo dopo averne discusso con il resto dei colleghi. Non prima».
Toccherà quindi aspettare la fine dell'assemblea di gruppo, stamattina, per scoprire come voterà Civati. E se verranno allo scoperto altri malpancisti. Voterà sì, per quanto anch'ella controvoglia, Rosy Bindi, che comunque critica il suo partito: «Ha sbagliato tante cose e invece Berlusconi ha portato a casa risultati importanti». Ma la Bindi dà anche un altro annuncio: se la gara per la futura leadership sarà tra Renzi e Barca, «ci sarà una terza candidatura, dal profilo ulivista, alla quale io lavorerò». Non è escluso che la ex presidente del Pd pensi a sé medesima. Nella gara (tutta in casa Ds, sono in corsa Guglielmo Epifani e Stefano Fassina) per la «reggenza» del Pd, di qui al congresso, si affaccia pure il governatore della Toscana Enrico Rossi - già sbaragliato nella sua regione da Renzi alle primarie - che annuncia solenne: «La situazione è troppo drammatica per il presente e il futuro della sinistra, e questo non è il momento di stare alla finestra. Se non lo facessi mi sentirei un pavido». Renzi sta alla larga dalla tenzone («Segretario? Non mi interessa occuparmi di spifferi e correnti») e si prepara a guidare l'Anci.
Dal fronte ex Ds trapela il malumore per l'esclusione dalla prima linea del governo: sull'Unità, l'editorialista Michele Prospero dà voce alla delusione per «le assenze che pesano a sinistra», in particolare quella di D'Alema, «naturale candidato al ministero degli Esteri» e invece soppiantato dalla radicale Emma Bonino.

E avverte che così «mancherà un ponte solido verso la sinistra europea» (che al momento non va proprio per la maggiore nel continente), e che «il vuoto di un organico collegamento con il socialismo europeo potrebbe ostacolare non poco l'azione del governo».

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