Mentre a Roma in piazza San Giovanni si svolgeva la manifestazione quasi unitaria della Cgil, con Cisl e Uil al traino, per chiedere al governo di fare la sua parte per far ripartire l'economia; e Susanna Camusso, pontificava che oramai è «dimostrato» (testuale) che la flessibilità dei contratti di lavoro aziendali non serve per uscire dalla crisi, a Pomigliano d'Arco, alla Fiat, si svolgeva una scena del tutto diversa. Questo sabato era il secondo turno di lavoro straordinario stabilito in base al contratto aziendale contro cui la Fiom-Cgil ha scaricato una serie di ricorsi tribunalizi, agitazioni sindacali e scioperi per farlo fallire, in tutti gli stabilimenti Fiat italiani. A Pomigliano, così, il mattino presto ha iniziato il picchettaggio, davanti ai cancelli dell'azienda, a cura di Fiom, alla presenza di Maurizio Landini, che aspira a succedere alla Camusso alla guida della Cgil. La produzione è iniziata in ritardo, ma è proseguita regolarmente perché tutti i 1.200 lavoratori sono riusciti a entrare. I sindacalisti Fiom hanno messo in giro la tesi che ciò è avvenuto «sotto ricatto di licenziamento».
«Macché sotto ricatto! Noi siamo entrati perché c'è un accordo e gli accordi vanno rispettati. Vogliamo lavorare per far rientrare anche gli altri al più presto». Da 30 anni in fabbrica, l'operaio di 59 anni che si chiama Pasquale ha detto: «Mi sono alzato alle due di stanotte per poter raggiungere il luogo di lavoro ma una volta sul posto abbiamo trovato un clima da far west, con gente che picchiava le mani sulle auto e si stendeva a terra per non farci entrare. Uno di loro ha preso a pugni il vetro anteriore, e noi siamo andati via per cercare un altro varco. Siamo riusciti a entrare quando sono stati tolti i blocchi e abbiamo raggiunto l'interno della fabbrica solo alle sette». Questa risposta e il connesso resoconto vanno girati a Susanna Camusso, che dice che è «dimostrato che la flessibilità non serve» perché non vuole farsi scavalcare a sinistra dal rivale Landini. E soprattutto vanno girati ad Angeletti capo della UIL e a Bonanni della Cisl, che avevano difeso i contratti aziendali di Marchionne, ed ora pare se ne siano scordati.
I capi sindacali dovrebbero domandare a se stessi che cosa fanno per la ripresa economica. Il governo di coalizione tedesco fra popolari e socialdemocratici ha creato, con il consenso dei sindacati, i presupposti per far ripartite l'economia, mediante i contratti aziendali. La Germania, grazie ad essi, è riuscita a crescere e a ridurre la disoccupazione, mentre noi entravamo in recessione. E Chrysler, con i contratti di Marchionne, è tornata a occupare una fetta importante del mercato Usa e mondiale. Durante il governo Monti i sindacati, trainati da Cgil, hanno ottenuto la abrogazione delle partite Iva per il lavoro flessibile; hanno ottenuto che si ponessero ostacoli temporali al rinnovo dei contratti a termine, molto importanti per i lavori stagionali soprattutto nel turismo e in agricoltura. E ciò ha ridotto l'occupazione. Ed ora il governo Letta deve riparare a questi errori. Ma i sindacati su ciò tacciono.
Hanno, ovviamente, ragione nel chiedere che non si aumenti l'Iva perché ciò avrebbe un effetto negativo sul commercio e sulla vendita di auto, ma la frase, anche essa di Camusso, secondo cui «tassando un ricco non succede nulla mentre con quei soldi si possono ridurre le imposte sui lavoratori facendo ripartire l'economia» sembra fatta apposta per far passare la voglia di investire in Italia. Se poi la tesi che è bene «tassare i ricchi» riguarda l'imposta sulla prima casa, quando questa paga una Imu superiore a 500 euro, la verità è che Camusso è contro i ceti medi, colpevoli di risparmiare.
La pesante Imu sui ceti medi ha fatto crollare il mercato immobiliare e sta rilanciando quello dell'oro. Certo il governo Letta sino ad ora è poco incisivo. Ma le sue colpe non sono quelle che gli vengono attribuite dai tre leader sindacali, sono di segno contrario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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