Roma - Niente Patto per la Salute, l’accordo tra governo e regioni viene rimandato ad ottobre per incompatibilità di vedute. E ci vorrà una leggina ad hoc per scavalcare la data del 30 aprile fissata nella manovra estiva, definita allora dall’ex ministro dell’Economia del governo Berlusconi, Giulio Tremonti. In una nota il ministro della Salute, Renato Balduzzi, rende noto che «si è convenuto sull’opportunità di far procedere insieme la discussione sul nuovo Patto per la salute con quella relativa alle risorse finanziarie. A tal fine si è ipotizzato di allineare al 31 ottobre 2012 i relativi termini».
Le ragioni sono tante ma riassumibili in una sola: le Regioni ritengono inaccettabile il previsto taglio di 8 miliardi alle risorse per la Sanità e chiedono al governo di praticare altre strade, come spiega Romano Colozzi, assessore al Bilancio della Regione Lombardia e coordinatore degli assessori al bilancio della Conferenza Regioni. E il governo avrebbe deciso di prendere tempo proprio per cercare di reperire risorse come richiesto dalle Regioni. Niente taglio. Almeno per il momento.
«Il taglio di 8 miliardi non è compatibile con le prestazioni che vengono richieste - spiega Colozzi - Allora si deve dire chiaramente che i Lea, i Livelli essenziali di assistenza fino ad ora garantiti non lo saranno più. Il nostro servizio sanitario avrà zone di spreco ma eroga migliaia di prestazioni. Giusto tenere sotto controllo la spesa ma i risparmi andranno ridistribuiti nel comparto sanità».
Ma dove reperire nuove risorse? Tra le ipotesi in campo Colozzi ritiene impraticabile la proposta del ministro Balduzzi che aveva parlato di «una forma di assicurazione sociale obbligatoria per la non autosufficienza».
«Non credo sia possibile costringere per legge un cittadino a versare una somma per coprire la sua eventuale futura non autosufficienza - Un obbligo di legge avrebbe un impatto sociale altissimo. Il cittadino la giudicherebbe l’ennesima tassa. E visto che abbiamo il fisco più pesante d’Europa penso che il cittadino ritenga di pagare già quello che occorre. Oltretutto già ora proprio sulla non autosufficienza si misurano le ingiustizie più evidenti visto che ci sono regioni con ottimi servizi e altre che non offrono nulla».
La scelta che appare invece inevitabile è la rimodulazione del ticket. Nel 2011 su 230 milioni di prestazioni specialistiche, ovvero visite ed esami diagnostici, soltanto 80 milioni sono state pagate col ticket. Quindi dei 13,5 miliardi spesi per queste prestazioni soltanto 3,2 sono stati coperti dal ticket. E ci sono anche molte altre storture come spiega Colozzi.
«Non possiamo più permettere che soltanto un terzo della popolazioe paghi il ticket. Gli esentati sono troppi - avverte Colozzi - Dunque occorrre trovare un modello diverso per la rimodulazione del ticket e sarà inevitabile allargare la base imponibile». L’assessore poi indica come priorità l’individuazione della vera condizione economica della famiglia. Il riferimento all’Irpef crea ingiustizia perchè il lavoratore dipendente paga tutto e l’evasore come al solito la fa franca. Oltretutto secondo Colozzi l’Irpef penalizzale coppie sposate rispetto alle conviventi perchè per i primi il reddito va cumulato.«Assistiamo al paradosso di ticket che costano più della prestazione nel privato - insiste Colozzi - É ovvio che il cittadino in questo caso viene spinto a pagare. Anche questo va corretto».
Ci sono ampie zone di spreco dove intervenire. I dispositivi medici ( protesi, aghi, strumenti) che nel 2010 sono costati 4,6 miliardi con scandalose differenze.
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