Roma - Ci sarà o no un Monti-bis? Che cosa farà l'attuale capo del governo? Tornerà a Palazzo Chigi o la sua morigeratezza glielo impedirà? E gli altri ministri tecnici? Mentre il popolo italiano continuava ad arrovellarsi sul ritorno o meno di Mario Monti alla presidenza del Consiglio, il premier, sornione, aveva già rivelato tutto a un giornale straniero. «Se serve continuo», dichiarava Monti al trimestrale francese Politique Internationale addirittura nella seconda metà di settembre. Insomma i redattori del trimestrale francese sapevano già quello che invece agli italiani non veniva ancora rivelato. Che cosa? Che il premier e i suoi ministri tecnici nel corso di quest'anno di governo hanno subito una trasformazione. Sarà l'aria aromatica dei Palazzi che frequentano, sarà la comodità delle poltrone sulle quali sono seduti ma insomma la politica non gli dispiace più e in molti sono pronti a riprovarci per la prossima legislatura.
A parte la confessione di Monti però al momento nessuno vuole ammetterlo. Uno solo ha fatto outing: Corrado Passera. Il ministro dello Sviluppo economico ha tolto il velo e ha dichiarato: «Mi piacerebbe continuare a contribuire alla ricostruzione del Paese». Il ministro Passera viene accreditato come il possibile candidato premier di un'aggregazione di centro ma allo stesso tempo non dispiace neppure alla sinistra. Poi c'è Elsa Fornero che ha ribadito che no lei no, non si candiderà alle prossime politiche. Eppure il nome del ministro del Lavoro rispunta sempre come nelle ultime dichiarazioni del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, convinto che nel futuro «ci vorranno maggioranze politiche con un contenuto tecnico» e tra i tecnici Bersani porterebbe volentieri al governo non solo Monti ma anche «Passera e la Fornero». Un'ipotesi, quella della Fornero al governo con Bersani, tanto concreta da far arrabbiare Nichi Vendola che subito alza le mani: «Bersani vuole la Fornero nel suo governo? Noi no», taglia corto il leader di Sinistra e libertà.
Ci sono percorsi più tortuosi come quello del ministro per la Cooperazione, Andrea Riccardi. Il suo nome è spuntato prima per la corsa al Campidoglio per il dopo Alemanno e poi, dopo che lo scandalo Fiorito ha mandato a gambe all'aria la giunta Polverini, lo avevano messo in pole position pure per la Regione Lazio. Sembra invece che l'idea accarezzata da Riccardi, e quella di molti altri attuali ministri, sia quella di non candidarsi ma, diciamo, di vincere senza giocare. Riccardi potrebbe acchiappare un bell'incarico a elezioni chiuse: centro moderato o centrosinistra, Casini o Bersani o Monti-bis non farebbe molta differenza. Una soluzione che affascina anche altri ministri che non a caso continuano a negare una possibile candidatura nelle liste di quello o quel partito. Meglio aspettare, vedere chi vince e poi eventualmente accettare un incarico.
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