RomaIl caso Milano, che si voleva frettolosamente chiudere al Csm, arriva oggi in plenum con nuove accuse. Non solo per il capo dei pm Edmondo Bruti Liberati, cui il procuratore generale Manlio Minale contesta l'estromissione di Alfredo Robledo da indagini su Expo e Mose e pure il consiglio giudiziario milanese chiede chiarimenti, ma anche per il capo dell'antimafia Ilda Boccassini, finita nel mirino per la mancata collaborazione con la Superprocura nazionale.
Dalle carte della Settima commissione emergono, infatti, contraddizioni che rinsaldano la tesi di una sua ferma opposizione alla circolazione delle informazioni con la Dna, smentendo la recente difesa di Anna Canepa, delegata da Roma al collegamento con Milano sia prima che dopo Filippo Spiezia (primo accusatore della Boccassini a Palazzo de' Marescialli), nonchè segretario di Magistratura democratica.
Subito dopo la notizia che il Csm voleva trasmettere gli atti ai titolari dell'azione disciplinare e alla commissione competente per gli incarichi direttivi, per i due storici esponenti delle toghe di sinistra, è scattato il «soccorso rosso». La Canepa ha scritto il 3 luglio al Csm, affermando che «le criticità» tra Dna e Dda erano state superate nell'ottobre 2010, aprendo «una nuova stagione». Sembra che a Palazzo de' Marescialli si stiano preparando emendamenti per cancellare dalle due proposte (della Prima e Settima commissione) che arriveranno al plenum proprio la trasmissione degli atti. Così, tutto finirebbe in nulla, con generiche critiche a Bruti e Boccassini, senza conseguenze per la loro carriera.
Ma a rendere più difficile l'operazione è arrivata la lettera dicritica al procuratore di Minale e la bocciatura del consiglio giudiziario, insieme alla proposta presentata ieri dal consigliere di Magistratura indipendente Antonello Racanelli in Settima commissione. Se i problemi nell'antimafia tra Milano e Roma erano superati nel 2010 come afferma la Canepa, chiede, come mai lei stessa a marzo e ad aprile 2011 scrive in due note ufficiali che bisogna «ribadire con fermezza alla dirigenza della Procura e segnatamente della Dda milanese l'importanza fondamentale della circolazione delle informazioni e conseguentemente gli obblighi ed i poteri connessi a carico dei magistrati addetti alle Dda per la raccolta e diffusione dei dati»? A maggio 2012, Spiezia denuncia di essere stato escluso dalle riunioni dell'antimafia, come ha ripetuto al Csm. Ad agosto 2012 anche l'allora Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso scrive alla Boccassini e a Bruti per lamentarsi. Perché, se l'aggiunto faceva quel che voleva, dietro di lei c'era l'appoggio del procuratore.
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