Imu addio, il Paese riparte: agli italiani 4 miliardi in più

Cancellata l'imposta sulla prima casa senza nuove tasse. Con la Service tax altre risorse per rimettere in moto l'Italia

Imu addio, il Paese riparte: agli italiani 4 miliardi in più

di Imu: i mercati hanno sempre ragione. Il 29 agosto 2013 dopo l'eliminazione dell'Imu sulla prima casa Milano è stata la migliore piazza finanziaria in Europa. Perché, per quanto il Financial Times non voglia ammetterlo, le risorse per consentire di cancellare questa cattiva tassa sono state reperite senza mettere le mani nelle tasche degli italiani ma con virtuosi tagli di spesa pubblica.

Il vincolo europeo del 3% è stato, pertanto, salvaguardato. Con l'eliminazione dell'Imu e l'introduzione della «Service Tax» nel 2014 la pressione fiscale in Italia si riduce di oltre 4 miliardi di euro e l'intervento approvato funge da stimolo per il settore edile, che è trainante in economia. Alla componente di finanza pubblica si aggiunge una componente etica e politica. Il governo ha rispettato le intese con il Pdl, su cui si è basato l'accordo che ha portato alla formazione dell'esecutivo di grande coalizione, e il Pdl ha mantenuto impegni presi con 10 milioni di elettori.

L'eliminazione dell'Imu ha una portata di 4,8 miliardi, di cui 4,5 miliardi destinati all'eliminazione, per tutto il 2013, dell'Imu sulla prima casa, escluse le abitazioni classificate nelle categorie catastali A1 (abitazioni di tipo signorile), A8 (ville) e A9 (castelli e palazzi di eminente pregio artistico o storico) e i restanti 300 milioni destinati all'eliminazione dell'Imu sui terreni e fabbricati funzionali alle attività agricole.

Le risorse per l'eliminazione della rata Imu di giugno, pari a 2,4 miliardi, derivano dal maggior gettito Iva conseguente al pagamento di ulteriori 10 miliardi di debiti delle Pubbliche Amministrazioni, dalla definizione del contenzioso sulle multe comminate alle società che gestiscono slot machines e da tagli virtuosi alla spesa pubblica. Altre piccole coperture, come la non più consentita deducibilità del costo delle polizze vita, appaiono come discutibili, e, francamente, dallo stesso bacino di agevolazioni fiscali si poteva scegliere meglio, in maniera meno autolesionista. Mentre con riferimento all'eliminazione della rata Imu di dicembre, le risorse, pari a 2,4 miliardi, saranno determinate con decreto collegato alla Legge di Stabilità che il governo presenterà alle Camere entro il 15 ottobre 2013. E sono state già individuate in «una tantum» virtuose, come la rivalutazione del capitale della Banca d'Italia.

Per quanto riguarda la «Service Tax» che entrerà in vigore dal 2014, l'impianto deriva dall'Imu «federalista» approvata all'unanimità dalla Bicamerale sul federalismo fiscale che esclude la prima casa, per oltre 4 miliardi di euro, e prevede la riscossione diretta dai Comuni, con una componente legata alla gestione dei rifiuti solidi urbani e una componente di servizi indivisibili (fognatura, metropolitana, asili e scuole, eccetera) e servizi collegati all'utilizzo del bene immobile (vigilanza, illuminazione, anagrafe, pulizia delle strade, eccetera). La «Service Tax» prevede inoltre la deducibilità al 50% dal reddito d'impresa e di lavoro autonomo dell'Imu pagata sui fabbricati strumentali, l'esenzione dei fabbricati invenduti e sfitti delle imprese costruttrici e la riduzione dal 19% al 15% della cedolare secca sugli affitti stipulati a canone concordato.

Per fortuna è stato sventato il tentativo di colpire le seconde case sfitte con un aumento dell'Irpef: più che di una svista si sarebbe trattato di una decisione diabolica (e alquanto cretina). Una doppia imposizione sullo stesso cespite, ma con regole fiscali diverse, già bandita dal diritto internazionale. Va bene che una parte del Pd vuol colpire la piccola e media borghesia italiana, ma questa volta i tecnici del ministero dell'Economia avevano superato se stessi.

Così invece vincono le famiglie e le imprese, perché si riduce la pressione fiscale. Vince lo Stato, perché le risorse derivano da operazioni virtuose che fanno ripartire l'economia. Il pagamento dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni fornirà liquidità alle imprese, che potranno a loro volta pagare i propri fornitori, tornare a investire e tornare ad assumere. Allo stesso modo, la rivalutazione del capitale della Banca d'Italia consentirà alle banche italiane che ne detengono la proprietà di accrescere il loro patrimonio netto, di ridurre gli sforzi necessari per rispettare i parametri di Eba e di Basilea III e di riaprire, finalmente, i rubinetti del credito a famiglie e imprese. Il cerchio si chiude.

Ne deriva che con un unico provvedimento, quello sull'Imu di mercoledì scorso, il governo Letta-Alfano ha fatto una vera e propria manovra di finanza pubblica, per quasi 5 miliardi di euro. Di riduzione della pressione fiscale, di stimolo agli investimenti, di stimolo al credito, di stimolo ai consumi e di creazione di nuovi posti di lavoro. I commentatori masochisti, di casa nostra e non, se ne facciano una ragione.

D'altronde, gli effetti devastanti dell'introduzione dell'Imu nel 2012 sono noti a tutti. Secondo il rapporto 2012 di Abi e Agenzia delle Entrate, il mercato delle compravendite di immobili in Italia è letteralmente crollato, facendo registrare il peggior risultato dal 1985. Lo scorso anno, infatti, sono state vendute solo 448.364 abitazioni, il 25,7% in meno rispetto all'anno precedente. Nel 2012 i prezzi delle abitazioni sono scesi del 2,7% in media annua. E per l'Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance) a fine 2012 si sono persi 150.000 posti di lavoro.

La tesi del governo Monti, secondo cui la pressione fiscale italiana sugli immobili fino al 2011 rappresentava un'anomalia, in quanto troppo bassa, rispetto alla media dei principali paesi europei, è infondata. Nel 2010 l'Italia aveva una tassazione patrimoniale diretta della proprietà immobiliare dello 0,70% del Pil, perfettamente in linea con lo 0,69% della media dei paesi Ocse. In seguito all'introduzione dell'Imu del governo Monti, la percentuale dello 0,70% è aumentata all'1,35% del PIL, cioè quasi raddoppiata, portando in tal modo l'Italia a un livello di imposizione diretta sugli immobili di gran lunga superiore alla media degli altri Paesi, e seconda solo alla Francia.

L'Imu, tuttavia, è un'imposta di antiche origini. Nasce come una tantum nel 1992 come Isi (imposta straordinaria sugli immobili), è a carico dei proprietari, con un'aliquota standard del 3 per mille, ridotta al 2 sulle abitazioni principali e vale 11.550 miliardi di lire (5.965 milioni di euro). Nel 1993 perde il prefisso «stra» e diventa imposta ordinaria: l'Ici. L'aliquota varia dal 4 al 7 per mille, ed è prevista una detrazione d'imposta fino a 200mila lire (103,29 euro) per le abitazioni principali.

A dicembre 2007 il governo Prodi introduce una ulteriore detrazione dell'Ici sulle abitazioni principali di 200 euro (che si aggiunge a quella già prevista di 103,29 euro), con un minore gettito per le casse dello Stato pari a 823 milioni di euro. Nel 2008 il governo Berlusconi abolisce l'Ici sulle prime case con la sola eccezione degli immobili di lusso (categorie catastali A1, A8 e A9).

La critica all'eliminazione dell'Imu sulla prima casa più frequente a sinistra è che non è giusto che questa tassa non sia pagata dai più ricchi. Sorprende che molti tecnici dello stesso ministero dell'Economia abbiano proposto inaccettabili rimodulazioni. L'Imu è un'imposta reale. Si applica alle cose e non alle persone. Se venisse meno questo principio andremmo dal distributore di benzina con la dichiarazione dei redditi, per pretendere uno sconto fiscale. Sarebbe il caos.

Non solo: dai dati sul gettito Imu del 2012 emerge che oltre il 60% dei versamenti Imu prima casa sono stati effettuati da soggetti con redditi inferiori a 26.000 euro. Un ulteriore 28% è stato versato da soggetti con reddito compreso tra 26.000 e 55.000 euro. Sono questi i ricchi che il Pd e il ministro Saccomanni vorrebbero «stangare»?

Siamo un paese di masochisti! Dopo mesi di tira e molla riusciamo ad eliminare una cattiva tassa, senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, ed ecco che giornali, policy makers e opinionisti vari a dire che è un imbroglio, che non è vero. Ed altre simili amenità.

Invece il governo Letta-Alfano ha posto finalmente le basi per una nuova strategia di politica economica, che deve continuare con il blocco dell'aumento dell'Iva a ottobre. Con buona pace del Financial Times e dei nostrani compagnucci della parrocchietta.

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