Fonsai è la prima assicurazione in Italia nel Rc-auto e la seconda nel cosiddetto ramo danni, ha sei milioni di clienti. Ieri i magistrati di Milano hanno ipotizzato una sfilza di reati: dal falso in bilancio all’insider trading. Che la società dei Ligresti non navigasse in buone acque si sapeva. Da mesi si è formato un cordone sanitario per trovare le risorse affinché l’assicurazione non salti: si parla di un aumento di capitale che deve essere almeno pari ad 1,1 miliardi di euro. Unicredit e Mediobanca, grandi finanziatori della compagnia assicurativa, sono in prima fila per evitare smottamenti. Mediobanca nel 2002, quando era ancora azionista, le concesse circa 700 milioni con un prestito garantito dalle azioni. Circa 250 milioni sono stati invece più recentemente concessi da Alessandro Profumo alle holding che controllano la Fonsai. Le due banche tutelano, legittimamente, i propri ingenti crediti, ma anche un rischio più sistemico. Se Fonsai dovesse saltare, è inutile girarci intorno, le conseguenze si propagherebbero sull’intero sistema finanziario italiano. Luigi Orsi, il pm titolare dell’inchiesta, secondo le prime indiscrezioni non avrebbe alcuna intenzione di forzare la mano, con la richiesta di fallimento.
La vicenda Fonsai a questo punto si deve chiudere il prima possibile. Ha bisogno di quattrini e di manager che la gestiscano con criteri di redditività: richiesta che Vincenzo Maranghi, il delfino di Enrico Cuccia, aveva fatto per iscritto la bellezza di 10 anni fa. E che aveva provato a raggiungere con la nomina di Enrico Bondi, subito entrato in rotta di collisione con i Ligresti.
E ha bisogno di un’inchiesta che sia accurata e rapida, che individui, se ci sono, precise responsabilità. Senza lasciar marcire una situazione che oggi può essere ancora gestibile. A cose fatte, si dovrà ragionare sulla lungimiranza della banche italiane che da Zalesky a Ligresti, talvolta appaiono fin troppo generose.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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