MilanoInchiesta chiusa: ma dire che i misteri del caso Spinelli son tutti risolti sarebbe eccessivo. Per il rapimento-lampo del cassiere di Silvio Berlusconi, sequestrato nella notte tra il 15 e il 16 ottobre scorsi, la Procura chiede di processare solo quattro persone. Ovvero il capobanda Francesco Leone, ex pentito pugliese, uno abituato da sempre a muoversi nella penombra tra Stato e antistato, e tre albanesi ai suoi ordini. Fine. Nessun riscatto è stato mai pagato. Nessun dossier sul lodo Mondadori è mai esistito. I due italiani che erano accusati di avere svolto un ruolo chiave nel sostegno alla banda vengono scarcerati e per loro si va verso l'archiviazione. Non riceveranno le scuse dello Stato per la galera fatta, ma probabilmente sono già contenti così.
Per dare la misura di quanto la versione ufficiale, che liquida il sequestro Spinelli come la sciagurata e maldestra impresa di quattro balordi, inciampi contro alcuni dettagli, basta un elemento che affiora adesso dalle indagini condotte da Ilda Boccassini, procuratore aggiunto. È il primo interrogatorio di Leone. Dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere, il capobanda accetta di rispondere. E racconta che un retroscena, una verità meno banale, esiste effettivamente. Racconta che lui e l'ostaggio, il ragionier Giuseppe Spinelli, si conoscono da tempo. Non solo. Sostiene di avere già in passato venduto al cassiere di Berlusconi materiale scottante. È chiaro che, messa così, l'intera vicenda assumerebbe un contorno diverso. Certo, ci sarebbe da chiarire come mai stavolta, invece di una nuova compravendita, Leone sia passato alle maniere forti con il povero ragioniere, mandandogli in casa due energumeni che gli hanno spaccato gli occhiali con un cazzotto. Ma intanto altri tasselli andrebbero a posto.
Ma le rivelazioni di Leone hanno vita breve, Ilda Boccassini sente puzza di bruciato, teme di trovarsi di fronte a un depistaggio o a una manovra obliqua. Leone, che forse aveva sperato di trovarsi di fronte a un pm più disponibile, fa retromarcia, e all'interrogatorio successivo dichiara di essersi inventato tutto. Mai conosciuto Spinelli, mai trattato con lui. Le presunte rivelazioni sul lodo Mondadori, ovvero sulla causa con De Benedetti costata a Berlusconi una condanna a più di mezzo miliardo di risarcimento, le avevo messe insieme - dice - frugando su Google. E, visto che c'è, scagiona in pieno i suoi due presunti complici, Alessio Meier e Pierluigi Tranquilli, che la Procura e il gip sospettavano di essere il riciclatore e il basista. Viene creduto, e Meier e Tranquilli tornano liberi.
Leone e i suoi tirapiedi albanesi vanno invece verso un processo che potrebbe costare loro una vent'anni di carcere. Escogiteranno qualcosa per evitare la catastrofe? A dire il vero, di crimini maldestri sono pieni gli annali della cronaca. Ma qui gli aspetti inverosimili sono tali e tanti che ieri i giornalisti hanno insistito a lungo con il procuratore Edmondo Bruti Liberati sui dettagli irrisolti. Il secondo livello? «Non ci risulta».
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