E la Svizzera "compra" i nostri imprenditori

È giunto il momento in cui gli imprenditori italiani devono rimboccarsi le maniche e assumere da protagonisti la missione storica di salvare se stessi per salvare tutti noi italiani

E la Svizzera "compra" i nostri imprenditori

Consiglio a Matteo Renzi di telefonare alla signora Franca, titolare della «Casa del pane» a Monselice in provincia di Padova, che circa due mesi fa ha ricevuto una lettera dalla Camera di commercio Svizzera con una inaspettata proposta di lavoro per il figlio. Andrea Drago, avvocato e suo cliente, ha appreso la notizia dalla signora Franca: «Nella lettera offrono a mio figlio di avviare un panetteria in Svizzera con un credito a tasso agevolato, l'esenzione totale delle tasse per 5 anni, una casa con affitto calmierato e in conto prezzo che potrà riscattare dopo 7 anni. È ovvio che abbiamo accettato». La «Casa del pane» è rinomata per un particolare tipo di grissino al sesamo, richiesto dai migliori ristoranti e alberghi. Ebbene la Svizzera che fa la corte a un panettiere di Monselice altro non è che la fase più recente degli acquisti a prezzo di saldi delle nostre migliori imprese, degli artigiani dalla maestria ineguagliabile e dei cervelli che tutto il mondo ci invidia. Ormai chi può fugge all'estero per non essere condannato a morire in Italia. Dall'inizio della crisi nel 2008 ad oggi circa 830 gioielli dell'imprenditoria italiani sono passati in mano straniera. È il caso di Bulgari, Gucci, Fiorucci, Fendi, Zanussi, Ducati, Lamborghini, Parmalat, Loro Piana, Atala, Algida, Buitoni, Alemagna, Sanpellegrino e Birra Peroni, solo per citare alcuni dei marchi più rinomati. Poi c'è una folta schiera di imprese che delocalizzano producendo e pagando le tasse all'estero, a partire dalla Fiat, l'emblema di un sistema di sviluppo che si reggeva sulla privatizzazione degli utili e la socializzazione delle perdite, ormai improponibile perché lo Stato sta affondando sotto il peso di un debito complessivo di 5.242 miliardi (debito pubblico, delle banche, delle imprese e delle famiglie), pari al 340% del Pil, sui quali ogni anno si pagano interessi passivi di 210 miliardi, il 14,6% del Pil. E poi c'è il popolo delle partite Iva che è letteralmente crollato con 400mila lavoratori autonomi che hanno cessato l'attività dal 2008. In questi numeri c'è tutta l'Italia che produce e crea lavoro, quel 99% di micro e piccole imprese che da sempre fanno grande l'Italia. Il comportamento della Svizzera, spiega l'avvocato Drago, che sceglie e investe sull'impresa di qualità, «è di chi sta dalla parte dell'imprenditore e vuole fideizzarlo, costruendo un rapporto basato sulla collaborazione per favorirne il successo. Viceversa il nostro è uno Stato ostile all'imprenditore». Quanto alle proposte per rilanciare lo sviluppo enunciate recentemente dal nuovo capo di governo, è «biada per il popolo bue, uno spendere diversamente lo stesso denaro». Mi domando se Renzi sia consapevole che in Italia le imprese ancora in mano italiana stanno morendo perché hanno tutto per eccellere tranne i soldi per pagare le tasse, mentre quelle rimaste nominalmente italiane passate in mano straniera o che hanno delocalizzato sfruttano l'Italia senza un beneficio per gli italiani. Qualcuno ha spiegato a Renzi quando lo scorso 12 marzo ha sbandierato il taglio dell'Irap del 10% , la restituzione di 68 miliardi di crediti dovuti alle imprese e la chicca di 1.000 euro all'anno in più per 10 milioni di italiani che guadagnano meno di 1.

500 euro mensili, che dovrebbe avere almeno il rispetto per un'Italia agonizzante dove 4 milioni e 100mila italiani fanno letteralmente la fame? Come immagina Renzi di realizzare un miracolo economico quando i fondamentali della strategia economica, imposta dalla moneta unica e dalle direttive dell'Eurocrazia, sono gli stessi di Monti e di Letta, il cui operato si è tradotto nella devastazione dell'economia reale, nel crescente impoverimento degli italiani e nell'incessante aumento del debito pubblico? È mai possibile che Renzi non abbia proprio il pudore di non prendere in giro gli italiani che soffrono, recitando un ruolo che evoca quello di Cetto Laqualunque magistralmente interpretato da Antonio Albanese? Di fronte a quest'ennesima sfacciataggine di chi ci governa grazie agli intrighi di Palazzo, è arrivato il momento in cui gli imprenditori italiani devono rimboccarsi le maniche e assumere da protagonisti la missione storica di salvare se stessi per salvare tutti noi italiani. E bisogna agire in fretta!
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