Gli industriali indicano i tagli: via le società pubbliche inutili

Gli industriali indicano i tagli: via le società pubbliche inutili

RomaNon è vero che è stato raschiato il fondo del barile. In tema di spending review c'è ancora molto da fare. Il centro studi della Confindustria, per esempio, offre al governo Renzi una ghiotta opportunità. Vuoi tagliare? Allora vai a vedere quanto di inutile e, quindi, di costoso c'è nelle partecipate pubbliche. Lì secondo gli analisti della Confindustria si possono fare tagli per quasi 13 miliardi di euro.
È questo il dato più clamoroso che emerge dal rapporto diffuso ieri. Un taglio possibile, spiegano, perché andrebbe a colpire i due terzi delle società a partecipazione pubblica, vale a dire quelle società che non erogano servizi alla collettività. Attraverso questo taglio, il Centro studi della Confindustria calcola risparmi pari a 12,8 miliardi di euro di spesa pubblica. Secondo le elaborazioni del Centro studi Confindustria sulla banca dati Consoc (gestione della partecipazione di pubbliche amministrazioni a consorzi e società), nel 2012 erano 39.997 le partecipazioni possedute da amministrazioni pubbliche in 7.712 organismi esterni. Il 62,7% delle partecipazioni sono in società, il 34,5% in consorzi e il 2,8% in fondazioni.
La maggior parte delle partecipazioni delle pubbliche amministrazioni sono inferiori o pari al 50% (37.635 su 39.997), 1.200 sono totalitarie e 1.159 sono superiori al 50%. Il maggior numero di partecipazioni delle amministrazioni pubbliche si trova in Lombardia (7.496 partecipazioni). In questa speciale classifica seguono il Piemonte (7.061), il Veneto (4.123) e la Toscana (3.606). Mantenere questi organismi costa allo Stato, e quindi ai contribuenti, oltre 22,7 miliardi di euro. Circa i due terzi degli oneri complessivi sono determinati da organismi partecipati da Regioni, Comuni, Province e altre autonomie locali. Il terzo restante deriva da organismi partecipati dallo Stato. In buona sostanza siamo ben oltre l'un per cento del Pil (1,4%). «È evidente che il fenomeno delle partecipate - è scritto nella ricerca pubblicata dalla Confindustria - è fuori controllo. E dal riordino del settore possono derivare importanti risorse».
Il dito è puntato soprattutto sull'inefficacia della legislazione prodotta per arginare il fenomeno. Al di là delle finalità astratte di molte di queste società - secondo la Confindustria - «l'utilizzo dello strumento societario ha dato origine nei fatti a rilevanti criticità che, peraltro, ne hanno favorito una proliferazione opportunistica». Lo strumento societario diviene sempre più frequentemente «una fonte di abuso, che in molti casi determina vantaggi concorrenziali a scapito delle imprese private e a spese della collettività». Ed è stato altrettanto spesso «utilizzato per moltiplicare gli incarichi di amministratori da conferire secondo criteri clientelari», consentendo altresì di «eludere i vincoli pubblicistici, per quanto riguarda il reclutamento del personale e l'acquisto di beni e servizi».
Incrociando la banca dati Consoc con la banca dati Aida - aggiunge il Centro studi Confindustria - è stato possibile associare alle partecipate i loro bilanci e il relativo codice di attività. Sulla base di questo incrocio, è stato possibile esaminare 4.864 organismi partecipati su un totale di 7.712, cioè il 63,1% degli organismi registrati nella banca dati Consoc. I dati mostrano, come anticipato sopra, che quasi i 2/3 degli organismi esaminati (3.106 su 4.

864) non svolgono attività di interesse generale pur assorbendo nel 2012 il 56,4% degli oneri sostenuti dalla pubblica amministrazione.
Insomma per gli analisti della Confindustria è urgente il riordino del settore per «recuperare risorse, per ridurre il carico fiscale e per liberare il mercato dalla presenza spesso impropria dello Stato».

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