Non è sbarcato come Fidel Castro nella Baia dei porci ma è pur sempre da Città del Guatemala che lancia il suo messaggio. E allora, suggestione per suggestione, nell'ennesima videoconferenza, Antonio Ingroia alza metaforicamente il pugno e grida alla platea del movimento Arancione: «Fate la vostra rivoluzione, anzi la nostra. Io sarò della partita». A Roma, a migliaia di chilometri di distanza, il teatro Eliseo esplode in un applauso. Luigi de Magistris, il leader del nascente quarto polo, ringrazia e rilancia: «Mi schiero con Antonio Ingroia e non con chi ha fatto ricorso alla Corte costituzionale per evitare che si faccia chiarezza sulla trattativa fra Stato e mafia». Napolitano: bye bye. I giustizialisti duri e puri, anzi più duri che puri, fanno sul serio. De Magistris propone agli italiani la sua creatura, ma è abile a smarcarsi nel gioco stucchevole e poco rivoluzionario delle poltrone: «Continuerò a fare il sindaco di Napoli». E il candidato premier, chi sarà? Dettagli. Si vedrà in corso d'opera. Prima, dev'essere conquistato il Palazzo d'Inverno.
L'importante è marciare. Da Città del Guatemala a Roma. Ingroia, ormai solo ex procuratore aggiunto a Palermo, va a valanga. «Chi vuole davvero cambiare le cose in questo Paese deve avere il coraggio e la determinazione per fare una rivoluzione civile. Dico la nostra rivoluzione civile, perché io sarò della partita. Sarò al vostro fianco, dall'Italia o dal Guatemala, farò la mia parte».
Già, ma quale sarà il ruolo del magistrato che ormai vive perennemente sotto i riflettori dei media? Mistero. Nelle scorse settimane, in partenza per il Guatemala per conto dell'Onu, Ingroia aveva giocato sul crinale dell'ambiguità: «Voglio fare politica, ma non mi candiderò». Infatti potrebbe essere candidato premier direttamente dagli arancioni che stravedono per lui. L'ex pm, intanto, accarezza la platea incitandola con toni sempre più barricaderi: «L'Italia ha bisogno di noi. Siamo alla fine di un ventennio devastante, il berlusconismo ha lasciato solo macerie. Di fronte a tutto questo c'è bisogno di una scossa, abbiamo bisogno di una risposta della società civile che è chiamata a salvare un paese sull'orlo del baratro. Bisogna voltare pagine per liberare l'Italia dalle mafie e dalla corruzione».
È il vecchio partito delle manette che si aggiorna. Del resto de Magistris è l'allievo che ha superato il maestro Di Pietro, oggi sul malinconico viale del tramonto. Tonino ascolta per una mezz'ora, poi si defila: «L'Italia dei valori sta lavorando per costruire una lista unitaria che si rivolga a Bersani per costringerlo a non sbracare verso quelli che si definiscono moderati e non sono altro che inciucisti».
In sala è un'altra musica. Caraibica. Applaudono tutti. Pure Paolo Ferrero che si è portato dietro, in dote, i rossi di Rifondazione comunista.
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