Ormai, siamo a quota quattromila. I lettori del Giornale scendono in campo: hanno letto le pesantissime affermazioni dell'ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia sulle origini di Forza Italia e vogliono partecipare alla causa collettiva che il Giornale ha lanciato contro il magistrato (SCRIVETE QUI). L'indignazione nasce dall'anticipazione, pubblicata dal Fatto quotidiano il 29 novembre scorso, del libro intervista Io so. Per Ingroia c'è un peccato originale che macchia la nascita di Forza Italia legandola a Cosa nostra e, di più, la politica seguita dal partito nei suoi primi anni sarebbe la controprova di questo patto scellerato. Forza Italia sarebbe stata quasi il braccio della mafia nelle istituzioni, promuovendo una «legislazione» favorevole agli interessi dei boss. Testuale.
E allora il Giornale ha deciso di proporre una sorta di class action contro il magistrato, oggi impegnato in Guatemala con un delicato e prestigioso incarico per conto dell'Onu contro il narcotraffico. Sorpresa: in quattro giorni sono già arrivate al Giornale quattromila lettere e email di cittadini, militanti e simpatizzanti di Forza Italia che vogliono far sentire la loro voce in tribunale. E gridano: basta. La storia non può essere manipolata. Quella storia, un pezzo della loro vita, sarà difesa con le unghie e con i denti.
«Questo fiume di messaggi - spiega l'avvocato Liborio Cataliotti - è la prova provata dell'importanza di questo procedimento. Ingroia ha offeso l'onore collettivo di migliaia di persone che hanno condiviso e si sono riconosciute nell'esperienza di Forza Italia. Queste persone non sono disposte a tollerare le gravissime affermazioni del magistrato e chiedono di essere tutelate».
Sarà, appunto, una causa di massa. «Le lettere che arrivano in redazione - prosegue Cataliotti, avvocato giovane ma già di lungo corso, con base a Reggio Emilia e studio anche a Bologna - sono una fotografia del popolo di Forza Italia. Ci sono i parlamentari, i dirigenti, gli uomini delle istituzioni, semplici militanti. Insomma, tutta la geografia del partito è ben rappresentata. Questi uomini e queste donne hanno dedicato parte delle loro esistenze al movimento creato dal Cavaliere e non possono accettare che un pm noto come Ingroia divulghi teoremi che non hanno trovato il minimo riscontro né in sede giudiziaria né altrove».
Certo, la genesi di Forza Italia fra il '93 e il '94 è stata studiata e monitorata dai pm di Palermo e di molte altre procure alla ricerca della grande colpa. Sono state valorizzate le affermazioni di alcuni pentiti, si sono passati al setaccio i capitali della Fininvest e persino Silvio Berlusconi, dopo e accanto a Marcello Dell'Utri, è stato lambito dalle indagini sulle stragi. Ma le suggestioni, anche le più tenebrose, sono rimaste tali e non si è mai dimostrato quel che obiettivamente pare un racconto di fantascienza. Forza Italia, al di là delle singole vicende, non è nata nella zona grigia al confine fra politica e mafia e non è cresciuta sotto la malapianta del crimine. Dunque l'offesa corale verrà discussa in aula.
«Nei prossimi giorni - prosegue Cataliotti - inizieremo formalmente la causa, credo al tribunale di Roma. E chiederemo un risarcimento adeguato per conto di tutti i lettori che ci hanno inviato messaggi di protesta. Nessuno contesta l'azione di Ingroia nella lotta a Cosa nostra e i suoi meriti ma proprio per questo è inammissibile che il magistrato abbia pronunciato parole che non trovano riscontro, calpestando un pezzo di storia italiana».
Storia che, come si può capire dal flusso delle comunicazioni, non è affatto finita in archivio. I lettori non parlano al passato di Forza Italia, che pure non esiste più dal 2009, ma al presente.
E rivendicano l'adesione al partito fondato dal Cavaliere nel '94. «È l'orgoglio di un'appartenenza mai sbiadita - conclude Cataliotti - Forse qualcuno pensava che Forza Italia fosse morta e sepolta, invece, fra le bufere della politica, è pronta a ricominciare una seconda vita».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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