"Meloni bastarda". Saviano rivendica l'insulto per fare il martire

Martedì prossimo Saviano a giudizio per aver insultato la Meloni. Non chiede scusa ma rincara: "Rifarei tutto". E parte il soccorso rosso in sua difesa

"Meloni bastarda". Saviano rivendica l'insulto per fare il martire

Non serve fare un esperimento. Se dal nulla si dà del "bastardo" o della "bastarda" a un passante, quello - se tutto va bene - risponde mandando a quel Paese (in maniera più o meno colorita) chi l'ha appena insultato o - alla peggio - assesta sul grugno del maleducato un pugno o uno schiaffo. Né servono tante elucubrazioni mentali per ipotizzare la reazione di chi ha incassato il meritissimo vaffa o l'energico pugno sul grugno: giustamente mazziato, se ne va con la coda tra le gambe, dandosi dello stolto. Questa la normalità. Poi, però, c'è il surreale universo dei radical chic che pensano di poter insultare, dicendo anche "bastardo", chiunque gli stia sul gozzo e non solo non pagarne le conseguenze ma fare addirittura piagnistei e vittimismi assurdi. È il caso, per esempio, di Roberto Saviano.

Nel 2020, durante una puntata di PiazzaPulita, Saviano pronunciò un'invettiva a dir poco violenta nei confronti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. "Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle ong: 'taxi del mare', 'crociere'... viene solo da dire bastardi - disse - Meloni, a Salvini, bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile, tutto questo dolore descriverlo così?". La leader di Fratelli d'Italia, oggi presidente del Consiglio, lo querelò. Giustamente. E l'anno scorso il giudice per le indagini preliminari le diede ragione definendo l'attacco "esorbitante, rispetto al diritto di critica politica" e rinviando a giudizio l'autore di Gomorra. Che ora rischia tre anni di carcere. Martedì prossimo si celebrerà a Roma la prima udienza del processo per diffamazione. Michela Murgia ha già detto che non mancherà all'appuntamento. "Voglio vederla in faccia - scriveva a inizio ottobre sull'Espresso - questa destra che appena sente la parola cultura mette mano alla querela".

Come si possa considerare "cultura" dare del bastardo a un avversario politico, lo sa solo la Murgia. Purtroppo non è l'unica a difendere l'indifendibile. Al fianco di Saviano ieri è sceso Burhan Sonmez, presidente della Pen International, associazione di scrittori che si batte (a suo dire) per la libertà di espressione nel mondo. Con una lettera-appello pubblicata dalla Stampa ha chiesto alla Meloni di ritirare la denuncia: in un assurdo ribaltamento dei fatti, Saviano viene descritto come uno che esprime "pacificamente le sue opinioni", mentre l'Italia come un Paese in cui "giornalisti e scrittori vengono denunciati e incarcerati per quello che dicono o per quello che scrivono". Nulla di più lontano dalla realtà.

A crederci, però, è lo stesso Saviano che, oltre a rilanciare sui social l'appello di Sonmez, oggi ha rilasciato (sempre alla Stampa) un'intervista in cui non solo non ha chiesto scusa a Salvini e alla Meloni, ma si è addirittura detto "fiero" di averli insultati. "Rivendico la mia indignazione e il mio più profondo disprezzo". Ridirebbe tutto, insomma. "Bastardi" compreso.

Alla faccia del grande "giornalista d'inchiesta" che esprime "pacificamente le sue opinioni"! Ma, d'altra parte, fa tutto parte della sua strategia: cercare le scontro, addirittura fomentarlo, per poi andare in giro a piangere per una condanna che difficilmente arriverà (lo sa anche lui) e passare per vittima. Ma tutto questo col giornalismo c'entra davvero poco. Anzi, nulla.

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