Roma«Io sono innocente!». Lo grida Silvio Berlusconi guardando negli occhi la sua gente accorsa ad acclamarlo preferendo una lunga attesa sotto al sole di via del Plebiscito alla crema solare. Un sacrificio che lo commuove: «Se il 4 di agosto di una domenica con 40 gradi all'ombra, con l'asfalto che brucia, dopo ore di viaggio, un mare di gente è venuta qui per dimostrarmi stima, vicinanza e affetto, io sento il dovere di impegnarmi ancora, con ancora più entusiasmo e passione».
Maglia a girocollo nera sotto un'impeccabile giacca blu poco agostana, Berlusconi parla una ventina di minuti sereno e sicuro sul palco montato davanti alla sua abitazione romana sopra un tappeto di facce, di bandiere, di cartelli adoranti. Una manifestazione che qualcuno ha voluto demonizzare. «Ma nessuno può dire che siamo eversivi e siamo irresponsabili». Infatti: «Abbiamo detto che il governo deve andare avanti e approvare i provvedimenti economici». Stop.
A vederlo sul palco, Berlusconi non sembra un uomo ferito. Eppure garantisce di essere «passato in questi giorni attraverso le giornate più angoscianti della mia vita». Di aver «ripassato quello che io ho fatto come figlio, come padre, come imprenditore e come cittadino e servitore dello Stato». Di vedersi «come in uno specchio con un'immagine deformata» quando legge «le cose che si stanno scrivendo su di me». Ma è la domenica del sorriso. «Questa vostra vicinanza e questo vostro affetto mi ripagano di tante pene e di tanti dolori».
E allora ecco l'haka che galvanizza il popolo del Pdl: «Io sono qui, io resto qui, io non mollo. Continueremo tutti insieme a combattere questa battaglia di democrazia e libertà, facendo diventare l'Italia un Paese dove i cittadini non abbiano paura di trovarsi senza nessun motivo in carcere». Ecco l'attacco a quella magistratura «ideologizzata e politicizzata», che pensa «di usare il proprio potere per toglierlo ai cittadini», per la quale «la democrazia c'è solo con la sinistra al governo». Quella magistratura «fatta di impiegati statali che hanno fatto un compitino, vincendo un concorso, e che ora sono liberi, indipendenti, irresponsabili e mettono sotto gli altri poteri dello Stato, quello esecutivo e quello legislativo». Roba da «regime illiberale e giustizialista» contro il quale il Cav si sente «l'unico baluardo». Da qui una persecuzione lunghissima («la magistratura ha tentato di buttarmi fuori per vent'anni dalla politica, ora hanno raggiunto il loro traguardo») che segue all'eliminazione dalla vita politica, nel 1992-93, dei «cinque partiti che ci avevano governato per 50 anni facendo crescere il benessere nella libertà e nella democrazia».
Poi Berlusconi entra nel merito del processo Mediaset. «Io facevo il presidente del consiglio e non telefonavo al centralino di Mediaset per evitare che mi dessero addosso per il conflitto di interesse. Allora che senso ha una sentenza che mi attacca come azionista?». E poi: «Mi hanno dato 4 anni di carcere e l'interdizione dai pubblici uffici per una presunta evasione di 7,3 milioni negli anni in cui Mediaset ne ha versati 567 di tasse. E in appello ho pagato una multa di 10 milioni quindi lo Stato semmai è già stato rimborsato». Spiegazioni di cui i suoi fan non hanno bisogno, perché essi vogliono solo sapere che c'è, come sempre.
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