Italia alle corde: crolla il Pil, consumi giù

Italia alle corde: crolla il Pil, consumi giù

«La ripresa non si vede, ma è dentro di noi». Mario Monti aveva ragione: della ripresa non c'è neppure l'ombra. Ciò che invece si vede benissimo, ed è dentro di noi radicata come un tumore difficile da estirpare, è la crisi. Una crisi nera, in cui l'Italia continua ad annaspare nonostante le ventilate misure pro-crescita. Andiamo sempre peggio, con il rischio di trasformare in strutturale un fenomeno solitamente transitorio come la recessione. Nonostante l'ottimismo misticheggiante del Professore, convinto che il Paese «tornerà a crescere nel 2013» grazie a un declino dei rendimenti dei titoli di Stato, Moody's ci ha già iscritto nella lista dei Paesi in recessione anche l'anno prossimo. E dalle prime indiscrezioni che filtrano dalla Commissione Ue e dal Fondo monetario internazionale, identico sarà il verdetto che a giorni collocherà un -2% accanto al pil italiano 2013. Per il momento, le cifre diffuse ieri dall'Istat sono lo specchio di un Paese in affanno, in cui il pil è sceso nel secondo trimestre dello 0,8% e del 2,6% rispetto allo stesso periodo 2011.
Solo la Grecia ha guai più seri, ma nel confronto di consolatorio non c'è proprio nulla. Anche perché una situazione così depressa non si vedeva dal quarto trimestre 2009, quando gli effetti del virus dei mutui subprime avevano provocato una contrazione della ricchezza nazionale del 3,5%. Adesso le cose vanno anche peggio, con il serio rischio di ripercussioni sui conti pubblici e, dunque, sul processo in corso per risanarli a colpi di austerity, nonostante il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, si sia subito affrettato a precisare che non ci sarà bisogno di ricorrere a nuove manovre: «Non ritengo necessari ulteriori aggiustamenti», ha detto. È però certo che se anche nel 2013 l'economia non mostrasse segni di ripresa, sarebbe improbabile centrare gli obiettivi imposti dal patto di stabilità senza mettere le mani nelle tasche degli italiani.
Ma chiedere altri sacrifici sotto forma di nuove imposte e tasse potrebbe del resto rivelarsi un autentico boomerang. Il Paese non sembra infatti in grado di reggere il peso di ulteriori stangate dopo quelle subite negli ultimi mesi sotto varie forme (Imu, Iva, rincari dei carburanti, aumento delle bollette di luce e gas, ecc.). «Il potere di acquisto delle famiglie - spiegano Federconsumatori e Adusbef - anche a causa della enorme pressione fiscale e dell'incontrollato aumento di prezzi e tariffe, è giunto ormai ai minimi storici, registrando una caduta dell'11,8% dal 2008». La discesa del pil è non a caso determinata in prima battuta dal crollo dei consumi, sintomo palese di una nazione in sofferenza. La spesa delle famiglie tra aprile e giugno ha accusato un calo del 3,5%, dovuto a diminuzioni del 10,1% degli acquisti di beni durevoli. In momenti di difficoltà sono proprio gli acquisti di beni con durata superiore ai cinque anni a essere per primi rinviati a tempi migliori. Il calo continuo delle immatricolazioni di auto in Italia ne è la prova più lampante.
Se a tutto ciò aggiungiamo l'alto tasso di disoccupazione, il timore di perdere il posto di lavoro e stipendi ormai fermi da anni, appare evidente come anche sulla propensione ai consumi il freno sia tirato. «La domanda interna - spiega Confcommercio - mostra una contrazione straordinariamente accentuata. Il 2012 si avvia, dunque, a registrare la peggiore caduta reale della spesa per famiglia da quando si dispone di dati affidabili. In termini di consumi delle famiglie residenti, la contrazione tendenziale del 3,6% trova, infatti, due soli precedenti nel primo e nel secondo trimestre del 1993».
Ma non sono solo le famiglie a dover fare i conti con la crisi. Anche le imprese tirano la cinghia. E tagliano gli investimenti: -3,1% la spesa per macchine e attrezzature, -3,8% quella per mezzi di trasporto, giù dell'1,5% quella in costruzioni. Valori da allarme: anche perchè, dopo le sforbiciate agli investimenti, potrebbe toccare all'occupazione.
Nei giorni scorsi il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, aveva non a caso parlato di «autunno caldo, anzi bollente». Una preoccupazione ribadita dalla vicepresidente Antonella Mansi: di fronte agli ultimi dati del pil «non è che siamo sereni, saranno mesi molto importanti e caldi.

Credo che da parte delle imprese ci sia un grande sforzo di tenuta sul fronte occupazionale, nessuno sceglie di chiudere le strutture perché perdere lavoratori significa rinunciare a uno degli asset, a uno dei valori più importanti per l'azienda. È chiaro che in un contesto come questo è difficile, ma noi ce la metteremo tutta».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica