Politica

Italiani bamboccioni a vita ma non per colpa della crisi

Bamboccioni fino a trent'anni, nostalgici e tradizionalisti fino ai sessanta. Nulla da fare: gli italiani amano stare con mamma e papà. E anche quando se ne vanno non si allontanano dal quartiere: l'indipendenza dai genitori non supera la mezz'ora di strada a piedi dalla casa di origine.
Il rapporto Coldiretti/Censis «Crisi: vivere insieme, vivere meglio» la dice lunga sulle abitudini e le preferenze nostrane. E non è solo la crisi economica che spinge a scelte di vita condivise in famiglia. C'è anche la necessità di una rete di protezione tranquillizzante, il vincolo degli affetti, la comodità di cenare senza l'ansia di dover fare tutto da soli. Così, non c'è da stupirsi quando emerge che quasi un terzo degli italiani (il 31%) abita con i genitori. E neppure che il 60,7% dei giovani tra i 18 e i 29 anni vive insieme alla madre. Sono i cosiddetti bamboccioni, che restano attaccati alle gonne materne non solo perché disoccupati o senza il becco di un quattrino. Il sociologo Mario Morcellini - preside della facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza - parla di cambiamento culturale: «Soprattutto i maschi preferiscono protrarre il loro tempo di vita non connesso al ruolo di genitore o coniuge: ci si sposa e si fanno figli sempre più tardi». Per questo «vivere con mamma e papà è un fenomeno che potrebbe sopravvivere alla crisi economica».
Ma in Italia un po' bamboccioni si resta per la vita. Anche i trentenni che raggiungono l'indipendenza continuano a vivere nel raggio di azione della famiglia. Infatti, il 42,3% ha la madre, il padre oppure i parenti stretti che abitano a un massimo di trenta minuti a piedi dalla propria abitazione. E questo non vale solo per i bamboccioni che hanno deciso di diventare adulti, ma anche le persone di età compresa tra i 30 e i 45 anni (il 25,3% coabita, il 42,5% abita nei pressi), e addirittura gli adulti dai 45 ai 64 anni (l'11,8% coabita, il 58,5% abita in prossimità). Bentornata famiglia, che secondo il rapporto si è trasformata «in soggetto di welfare che opera come provider di servizi e tutele per i membri che ne hanno bisogno e tende a ricompattare i componenti, anche quando non coabitano». Qualcuno potrebbe sfoderare un sorriso ironico di fronte a questa immagine un po' atavica del nucleo familiare ma il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, smorza l'ironia e ricorda che «la solidarietà tra generazioni sulla quale si fonda l'impresa familiare è un modello vincente per vivere e stare bene insieme e non un segnale di arretratezza sociale e culturale come molti si ostinano ad affermare». Gli italiani stanno cambiando gusti e tendenze? Sembra di sì, visto che il Censis evidenza un ritorno alla terra, fenomeno ancora sotterraneo ma in crescita. La gente rivaluta la dimensione rurale e di quartiere per migliorare la propria qualità di vita ed è più attenta al costo e alla qualità di quello che acquista e mangia. «C'è un ritorno sul territorio, alla vita in comune, all'agricoltura, alla cultura enogastronomica - spiega il presidente del Censis, Giuseppe De Rita -. Marchionne penserebbe questi sono fuori dal mondo, ma per gli italiani il cibo diventa qualità della relazione umana». E non è un caso se più di sette milioni di italiani a pranzo mangia il cibo preparato in casa non solo per risparmiare ma anche per essere sicuro della qualità e preferisce sapori e profumi casalinghi durante la pausa dal lavoro.

E il gusto della buona tavola non evapora neppure nel weekend, quando si spende davanti ai fornelli anche più di un'ora per preparare cenette «anticrisi» per amici e parenti.

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