L'assassino di Yara è un vicino di casa Tradito da voci e Dna

Sette righe attese da quasi quattro anni. Sono le sei del pomeriggio quando il ministro dell'Interno Angelino Alfano ci mette la faccia e annuncia che il caso più cupo della cronaca nera italiana più recente è risolto: l'assassino di Yara è appena stato fermato. Ed «è uno del posto».
Si chiama Massimo Giuseppe Bossetti, ha 44 anni, muratore nato a Clusone ed è in incensurato. Ma soprattutto sarebbe lui «ignoto 1», insomma il figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni che gli investigatori cercavano da mesi e mesi come l'ago in un pagliaio. Sarebbe lui ad aver compiuto tutto quell'orrore: Bossetti avrebbe bloccato Yara, che probabilmente aveva già adocchiato, all'uscita dalla palestra, la sera del 26 novembre 2010. poi l'avrebbe violentata e abbandonata, ancora viva, agonizzante, in un campo di Chignolo d'Isola dove poi fu ritrovata tre mesi dopo.
L'inchiesta sembrava annegata in un paradosso luciferino: si sapeva il nome del padre del killer, appunto Giuseppe Guerinoni, l'autista di Gorno morto nel 1999. Ma non si riusciva a scendere giù per l'albero genealogico, perchè il killer, fra esami e controesami scientifici, doveva essere per forza un figlio di Guerinoni. Solo che al profilo disegnato dalla scienza e dai test del Dna non corrispondeva nessuno. O meglio, ci si fermava davanti quell'espressione tenebrosa e insieme burocratica: Ignoto1. Così da più di un anno, da quando nel marzo del 2013, il corpo di Guerinoni era stato riesumato e sottoposto a una sfilza di esami di compatibilità.
Alla fine, prova e riprova, il test del Dna ha portato gli investigatori a Mapello, un pugno di chilometri da Brembate, il paese di Yara, anzi il luogo dove si era consumata parte di questa storia spaventosa. Nei giorni frenetici dopo la scomparsa della ragazzina, polizia e carabinieri erano piombati a Mapello e avevano scandagliato con l'aiuto dei cani molecolari un gigantesco centro commerciale in costruzione. Al cantiere di Mapello lavorava come muratore quel Mohamed Fikri, sospettato e catturato a bordo di una nave, poi scagionato ma mai uscito definitivamente da una sorta di pasticcio giudiziario. Ora il Ros dell'Arma piomba in una casa borghese di Mapello e porta via quest'uomo di 44 anni. Massimo Giuseppe Bossetti è sposato e, particolare sconvolgente, ha tre figlie, un ragazzo e due bambine, più o meno della stessa età di Yara, teneramente fotografate con lui sulla sua pagina Facebook. Con tanto di commento da paparino orgoglioso: «Che belle le mie majorette». Comincia l'interrogatorio, mentre i cronisti bussano al campanello dell'abitazione e la moglie, sventurata, balbetta in quel trambusto: «In questo momento non è il caso di parlare». Tecnicamente, Bossetti è in stato di fermo, ma la sostanza cambia poco. Il Dna, ricavato da una macchia di sangue trovata sui vestiti di Yara, lo inchioda con un margine infinitesimale di errore. L'altro ieri sera, durante un controllo stradale, il muratore di Mapello viene sottoposto al test dell'etilometro: solo un espediente per ricavare la sua carta d'identità genetica. È lui il mostro che tutti cercavano, al 99,9 per cento seguito da una sfilza di nove. Insomma, lo sforzo immane compiuto dalla procura, dai carabinieri, dalla polizia e dall'università di Pavia, alla fine ha fatto centro. Anche se in questo frangente, l'assassino è solo presunto. E tutto questo accade proprio nel momento in cui molti pensavano che quell'apparato avesse lavorato a vuoto. Si era arrivati a isolare i Dna di molti parenti del killer, ma Ignoto1 resisteva a tutte le ricerche. Parallelamente allo screening di massa, con migliaia di Dna prelevati nelle valli della Bergamasca, erano andati avanti gli interrogatori di amici, parenti, conoscenti del defunto. Un'operazione difficilissima, in bilico fra cronaca e archeologia giudiziaria. Un amico di Guerinoni aveva raccontato di una confidenza ricevuta a suo tempo dall'uomo: gli aveva raccontato di aver avuto negli anni Sessanta una relazione clandestina con una donna di Clusone da cui sarebbe nato un figlio. Ma la signora, oramai in tarda età, pareva essere sparita nel nulla, così come il fantomatico figlio. Poi, ad aprile l'ennesima rielaborazione scientifica ha fatto maturare la possibile svolta: gli inquirenti, aiutati anche da voci e chiacchiere di paese, sono corsi a prelevare il Dna di un'ottantenne di Clusone, quindi sono arrivati alla soluzione. È la madre dell'assassino. E si sono trovati davanti non a uno ma addirittura a due figli illegittimi di Guerinoni. Un coppia di gemelli, maschio e femmina.
L'uomo è lì obiettivo dei carabinieri che ieri decidono la mossa decisiva: il fermo. Bossetti viene portato in caserma dove poi arriva anche la moglie. Col carro attrezzi viene trasferita nello stesso luogo anche la sua auto, una Volvo Station Wagon. Il muratore, se è lui ad essersi macchiato di un tale delitto, non perde la calma. E non confessa. Fa scena muta. O, come si dice nel linguaggio giuridico, si avvale della facoltà di non rispondere.

E va in cella, mentre il gip convalida il provvedimento e la gente applaude i carabinieri per strada. Del resto Bossetti è rimasto a un passo dai genitori di Yara, in un fazzoletto di pochi chilometri. Per fortuna mamma Maura è la prima a sapere tutto, direttamente dal pm. E si è preparata.

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