Dalle canzoni in dialetto care a Bossi, al più raffinato jazz caro invece al tastierista Maroni, dal look trash alpino (magari con corna barbare) delle Lega 1.0, al trendy-chic delle montature rosse o del «vestitevi eleganti» ordinato da Isabella Votino, portavoce di Bobo, a tutto lo staff leghista, chiamato al Forum di Assago, esattamente dieci anni dopo il congresso federale che rielesse Bossi, e che oggi e domani eleggerà Maroni. Cambia il segretario, cambierà lo stile e anche la linea politica della Lega 2.0 di Roberto Maroni, che per prudenza aspetterà l’ultimo momento (le 11 di stamattina) per ufficializzare la sua candidatura, a scanso di sorprese (ma ci sono già mal di pancia per la possibile elezione per acclamazione di Maroni, come candidato unico, per evitare tensioni sul voto).
Ma che Carroccio sarà quello maroniano? Le parole chiave sono: «questione settentrionale» («Prima il Nord!» sarà uno slogan del congresso), «imprese del Nord» (e quindi asse con Confindustria), «Europa dei popoli» (altro slogan congressuale), «modello Csu bavarese» (governare la Padania e dettare le condizioni a Roma, anche da fuori il Parlamento).
Maroni vuole traghettare la Lega da movimento folkloristico di ampolle e dito medio, a partito rappresentante del Nord produttivo (di qui gli occhiolini a Squinzi e alle sue critiche a Monti), piegato dalla crisi e messo in ginocchio dall’Europa di tecnocrati e banchieri. Spazio invece all’Europa dei popoli, che è anche il nome della rivista che Mario Borghezio farà girare al congresso, e che per Maroni serve a tenere dentro l’autonomismo secessionista (l’indipendenza della Padania resta all’articolo 1 del nuovo Statuto). Va ripreso in gran fretta il bacino politico della Lega perso per strada tra gli scandali, cioè gli imprenditori e commercianti del Nord, prima che li portino via Grillo, Montezemolo o l’astensionismo. È questa Lega, fatta da quarantenni in rete (come Salvini, Pini o Stucchi, sempre su Facebook tramite I-Pad), che parte con Maroni segretario.
L’incognita sarà Bossi, che ieri dalla Svizzera ha mandato segnali di pace, ma resta una mina vagante. Al momento è relegato nel ruolo simbolico di padre fondatore, come presidente federale. Ma finché c’è, potrebbe rivelarsi una presenza destabilizzante per Maroni. Che però non ha voglia di farsi destabilizzare: «C’è stata un po’ di polemica, il Giornale ha addirittura scritto che io sarò un segretario dimezzato, ma chi sarà segretario federale, da statuto, ha i poteri di decidere la linea».
Il passaggio di potere si vede tutto nella scaletta del congresso. Bossi parlerà per primo, alle 10.30 di domenica, poco dopo gli accrediti, cioè nello spazietto iniziale solitamente affidato ai leghisti di seconda e terza fila, mai al Senatùr, che ha sempre parlato per ultimo come si conviene al capo (e infatti l’ultimo ad avere la parola sarà Maroni). Si deciderà anche la linea sulle alleanze, che dovrebbe essere: alleati (ma senza asse di ferro) col Pdl, in cambio di Lombardia e governi locali.
Si vota anche il nuovo statuto che trasforma la Lega in movimento «confederale», per dare più spazio ai territori, specie il Veneto, che avrà il vicesegretario federale vicario, insieme ad altri due vice uno lombardo (Stucchi) l’altro piemontese. Finisce l’era di Umberto Magno, inizia quella di Bobo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.