La Lega vuol soffiare il Pirellone al Pdl

Maroni avverte Formigoni: difficile arrivare al 2015. L’ipotesi: Bobo governatore, in cambio alleanza alle Politiche

La Lega vuol soffiare il Pirellone al Pdl

Roma - Far cadere la maggioranza in Regione Lombardia per andare al voto nella primavera 2013, insie­me alle politiche. «È difficile conti­nuare fino al 2015 » (scadenza natu­rale della legislatura regionale) di­ce il segretario in pectore Roberto Maroni, prima di infilarsi nel porto­ne di via Bellerio per il federale pre congresso. Al momento la Lega non vuole sabotare Formigoni, le accuse emerse finora sono consi­deratetroppofumosedaiverticile­ghisti, che voterebbero ancora no ad un’eventuale mozione di sfidu­cia per il governatore. Ma il Carroccio valuta anche l’« opportunità politica» dell’accani­mento terapeutico verso una legi­slatura azzoppata da troppe inchie­ste, e qui il giudi­zio è negativo, anche perché il nuovo corso le­ghista imporrà dei segni tangi­bili di cambia­mento ( sempre Maroni: «Ci so­no­ancheragio­ni di opportuni­tà politica che a volte rendono difficile o addi­rittura impossi­bile continua­re »).

E, soprat­tutto, il partito di Maroni pun­ta a prendersi la Lombardia, che farebbe un magnifico tris con le altre due regioni già pa­danizzate (Veneto e Piemonte), creando una cintura di governo le­ghista in Padania, che è il piano di rinascita territoriale che ha in men­te Maroni. Perciò la tattica del Car­roccio è quella di trovare un’intesa con l’attuale alleato regionale, il Pdl, per strappare il prossimo can­didato a governatore lombardo (con la clausola che Formigoni sia «promosso» a incarichi nazionali, tradotto... molli la poltrona al Pirel­lone).

La contropartita utile al Pdl­ma anche alla Lega, che da sola non avrebbe mai i numeri per la presidenza e che nei sondaggi non è messa granché bene - sarebbe la riedizione del vecchio accordo elettorale, da riproporre sia alle amministrative che a Roma. Il candidato leghista, poi, ci sa­rebbe, e anche forte: Roberto Maro­ni, che da tempo accarezza l’idea di guidare la locomotiva del Nord. Governatore e contemporanea­mentesegretariofederale? Possibi­lissimo, rispondono già i fedelissi­mi, che citano il precedente di Bos­si, segretario e ministro.

È ancora presto, ma l’ipotesi è allo studio (e il capo della Lega in Lombardia, Salvini, ne fa cenno: «Formigoni? Pronti a staccare la spina. Ah, che bello se la Regione Lombardia avesse- o avra!- un presidente del­la Lega...»). Tutto è rimandato al dopo congresso federale (30 giu­gno- 1 luglio), da cui uscirà la linea della nuova Lega su molte cose, al­leanze (e dunque caso Lombar­dia) incluse. Intanto il federale ha approvato (oltre al bilancio con­suntivo 2011, certificato da una so­cietà di revisione) la bozza di nuo­vo Statuto, che modifica il vecchio su alcuni punti nodali. Primo, al ter­mine «movimento»è aggiunto l’ag­gettivo «confederale»,asignificare che la Lega di Maroni non sarà cen­tral­ista come quella di Bossi ma col­legiale rispetto alle richieste delle varie «Nazioni» (le regioni nel ger­go leghista).

Secondo, si assegna espressamente al Consiglio federa­le la gestione del simbolo della Le­ga, in modo che nessuno (leggi: Bossi) al di fuori del Consiglio po­trà rivendicarne l’uso. Terzo e più importante, la nuova figura del «presidente federale». Nella bozza si legge: «Umberto Bossi è il padre fondatore della Lega Nord e viene nominato Presidente Federale a vi­ta, salvo rinuncia.Il Presidente Fe­derale è garante dell’unità del Mo­vimento », «promuove, con ogni idoneo mezzo, l’identità padana», e poi «presiede il Comitato di Disci­plina e di Garanzia», l’organo che decide le espulsioni e le sospensio­ni.

Un «primus inter pares» tra i membri della commissione che de­ciderà chi cacciare dalla Lega. Il presidente Bossi farà da corte d’ap­pello per i militanti con più di 20 an­ni, ma a decidere sarà il segretario federale, cioè Maroni, candidato unico (anche se c’è stato pressing su Castelli per candidarsi,e c’è an­cora su un veneto...) alla segrete­ria, che ha già fatto capire l’andaz­zo: «Con me non ci saranno amni­stie né repulisti». Un ricordo del potere che fu, per Umberto Bossi, che però ha dovu­to cedere su un altro punto.

Lui e i bossiani volevano inserire la possi­bilità, per il presidente federale, di esprimere un listino di candidati suoi, cosa che avrebbe salvato alcu­ni personaggi cari a Bossi che non verranno ricandidati.Ma la richie­sta dell’ex capo è stata respinta con perdite.

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