RomaIl governo Monti presenterà ricorso contro la sentenza di Strasburgo sulla legge 40. «Sono orientato a proporre al consiglio dei ministri di ricorrere nei confronti della decisione di Strasburgo», annuncia il ministro della Salute Renato Balduzzi a Radio Vaticana. Nessuna sorpresa. La decisione è abbastanza scontata sia per motivi formali, si va sempre a chiedere anche il parere della Grande Chambre, sia per il profilo di molti dei rappresentanti di questo esecutivo vicini, vicinissimi al mondo cattolico e all'azionismo cristiano. Lo schieramento dei «principi non negoziabili» insomma, il primo dei quali è la difesa della vita fin dal suo concepimento. Dunque non sarebbe stato necessario sul governo alcun pressing da parte della Chiesa nè l'alzata di scudi dei cattolici in politica, presenti in modo trasversale in Parlamento, per ottenere che si reagisse alla decisione europea.
Sollecitazioni che pure ci sono state ed anche molto autorevoli come quella del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di Genova che non entra nel merito della sentenza ma denuncia lo scavalcamento dei giudici italiani. «Bisogna ripensarci a livello nazionale: sia a livello dei tecnici sia nel merito che nel metodo perché non si è passati attraverso la magistratura italiana», avverte Bagnasco che giudica quanto avvenuto «un superamento, un surclassamento della magistratura italiana». Dunque, prosegue il cardinale, «un fatto singolare» che non può essere taciuto.
A sostenere le ragioni di Bagnasco anche un illustre esperto come Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale, che in effetti rileva un vero e proprio «scavalcamento» dei giudici italiani. Modalità inconsueta perché la coppia che ha fatto ricorso contro la legge 40 per veder riconosciuti i propri diritti (ovvero effettuare una fecondazione in vitro per avere la possibilità di fare una diagnosi prima che l'embrione sia impiantato nell'utero, scoprendo così se è malato o no) ha deciso di rivolgersi direttamente a Strasburgo.
Per Balduzzi il ricorso è necessario anche per chiarire ed approfondire le motivazioni della sentenza. Per la Corte europea dei diritti umani infatti non soltanto la legge 40 viola il diritto della famiglia di fare scelte libere per la propria vita privata, come quella appunto di fare una diagnosi preimpianto, ma è anche incoerente con la 194 che autorizza l'aborto sul feto.
Balduzzi ritiene ci sia «un bilanciamento complessivo tra legge 40 e 194 al quale ci stiamo attenendo» anche se riconosce che può essere sicuramente perfezionato anche in considerazione del fatto che rispetto a quando è stata varata la legge 194 «metodiche e tecniche» sono cambiate. «Se ci fosse una condivisione e una volontà ampia di correggere la legge 40 -prosegue Balduzzi- e se la revisione servisse a rafforzare quel bilanciamento tra diversi principi del nostro ordinamento e a riaffermare il no ad una deriva verso soluzioni di tipo eugenetico allora ci potrebbe essere anche un apporto da parte del governo».
Una piccola apertura dunque che però sembra difficile possa approdare a qualcosa di concreto. La sentenza di Strasburgo non è vincolante, ci sono tre mesi di tempo per presentare il ricorso e passerà tempo prima di ottenere la risposta dalla Grande Chambre, nel frattempo il governo Monti ha ben altre priorità e soprattutto non ha alcun bisogno di infilarsi nel ginepraio della legge 40.
Consapevoli di questa realtà i nemici della legge 40 alzano la voce chiedendo di cambiarla subito. Promette battaglia il leader Cgil, Susanna Camusso, accanto a lei oltre ai radicali, Giulia Bongiorno del Fli e anche i cattolici del Pd come Beppe Fioroni.
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