È andato avanti due ore il faccia a faccia tra il presidente del Consiglio, Enrico Letta, e il sindaco di Firenze Matteo Renzi. L'incontro si è svolto nello studio del primo cittadino a Palazzo Vecchio. Al termine tra i due c'è stata una vistosa stretta di mano. È apparsa evidente l'intenzione dei due esponenti del Pd di farsi immortalare da fotografi e cameraman mentre si "davano il cinque", ostentando, con questo gesto giovalinistico, una perfetta intesa (vera o presunta che sia). Ma se Renzi davvero - come sembra - vuole prendere le redini del Pd deve andare d'amore e d'accordo, almeno per ora, con il suo collega di partito. Si compie, così, con quel vigoroso e (molto americano) "gimme five" (dammi il cinque), la seconda tappa del riposizionamento comunicativo del rottamatore, dopo il famoso giubbino di pelle nera, stile Fonzie, indossato la sera di qualche settimana fa, nel programma tv nazionalpopolare (e giovane) di Maria De Filippi.
Il sindaco di Firenze ha accompagnato il premier fino alla macchina, parcheggiata fuori da palazzo Vecchio, e i due si sono salutati senza rilasciare dichiarazioni. Non ce n'era bisogno. Quello che si dovevano dire, si sono detti. Poi, con il gesto del "dammi il cinque", il segnale è stato mandato. L'asse Renzi-Letta è nato. Il presidente del Consiglio si è infilato in macchina per andare all’appuntamento successivo, quello con il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, anche lui del Pd, ma di diversa estrazione (corrente).
Più tardi Letta torna nel Salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio, per un'intervista con il direttore di Repubblica, Ezio Mauro. "Il governo di larghe intese rappresenta una "rivoluzione", dice il premier, ma "non c’erano alternative, l’unica, tornare al voto, avrebbe creato un caos istituzionale ancora maggiore". "L’alternativa a questo governo, che è un governo che nasce da una "situazione eccezionale" non c’è: bisogna passare per "questo pertugio", ribadisce il premier. "Questo è un governo - ha detto ancora Letta - in una situazione eccezionale" e ora il nostro Paese "ha bisogno di uscire dallo stallo con riforme economiche ed istituzionali". "Il mio obiettivo - prosegue il premier - è guidare un governo di servizio, è un dovere per me e anche un onore. Mi ci impegno sapendo che quello è l’obiettivo, non penso al mio impegno futuro".
Uscire dall'Euro sarebbe un disastro
"Penso che uscire dall’euro sarebbe il disastro finale per l’Italia, un errore drammatico, perché finirebbe l’euro". "L’unione bancaria è fondamentale, bisogna farla. Chiederò con forza che si faccia, che si chiuda la partita", perché significa anche "più soldi alle piccole e medie imprese". Letta ha poi aggiunto che "la cancelliera Merkel ha convocato per il 3 luglio a Berlino un incontro con tutti i ministri del Lavoro al quale parteciperò anche io con il presidente Hollande".
Berlusconi non detta la linea
"Lunedì pomeriggio - prosegue Letta - ci renderemo conto che non è così e che gli elettori sono consci che non c’è qualcuno che ci detta la linea". Ha risposto così il premier a Ezio Mauro che gli faceva osservare come fosse Berlusconi il "vero driver" (pilota, ndr) del governo.
E sulle eventuali ripercussioni che potrebbero esserci sulla vita del governo in caso di condanna di Berlusconi, Letta ha messo le mani avanti: "Sono fiducioso sul fatto che il nostro sistema regga: penso che non ci sarà nessuna influenza e mi auguro che ci sarà senso di responsabilità in tutti i parlamentari di maggioranza".
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