Enrico Letta conosce molto bene i Trattati europei. E sa benissimo che in tutti è contenuta la formula (declinata in vario modo) del pareggio di bilancio. Nella precedente legislatura, l'Italia ha addirittura introdotto il principio nella nostra Carta costituzionale. Pertanto, se il presidente del Consiglio, davanti al presidente della Commissione Ue Barroso, non fa riferimento al pareggio di bilancio; ma garantisce che l'Italia «rimarrà sotto un deficit del 3%», sta trasferendo - forse - un'informazione.
E l'informazione in questione è che la Commissione europea, qualora l'Italia non dovesse rispettare gli impegni assunti con l'adesione ai Trattati (ridurre il proprio deficit dello 0,5% all'anno e puntare al pareggio strutturale di bilancio), avrà un atteggiamento meno rigoroso del passato. Realtà, fantasia, desiderio? Può darsi. Di certo Enrico Letta conosce i Trattati. Ed una formula del genere non l'avrebbe usata al termine dell'incontro con il presidente della Commissione Ue.
Se così fosse, se questo clima di indulgenza trovasse conferma, e venisse sfruttata fino in fondo l'elasticità contenuta nei Trattati, il governo potrebbe recuperare le risorse per evitare - nel 2014 - l'aumento di un punto dell'Iva e di rimodulare l'Imu sulla prima casa. Mentre i minori gettiti di quest'anno potrebbero essere recuperati con la prossima manovra, attesa prima dell'estate.
Facciamo due conti. Gli ultimi documenti ufficiali del governo prevedono per il 2014 un deficit tendenziale all'1,8%. È assai probabile che al termine della due diligence avviata dalla Ragioneria il dato venga rivisto al rialzo. A determinare il peggioramento, l'appesantimento del fabbisogno di cassa e l'andamento del Pil. Il governo precedente aveva stimato per il 2014 una crescita dell'1,3%, a fronte di un calo di quest'anno dell'1,3%. In realtà, quest'anno, la crescita sarà negativa - stanno calcolando all'Economia - dell'1,6-1,8%; e nel 2014 difficilmente il Pil potrà crescere oltre lo 0,7-1%.
Da qui, la previsione di Lorenzo Bini Smaghi, attuale presidente della Snam, ma con un passato nel board della Bce e di sherpa finanziario, che siamo «già oltre al 3%». Alla base della stima, l'impatto dell'andamento della crescita sul deficit. Per ogni punto di minore crescita, il deficit aumenta di mezzo punto. Ne consegue che il deficit del prossimo anno, a fronte dell'1,8% previsto, sarebbe già oltre il 2%. Ma l'indebitamento ufficiale di quest'anno si saprà solo il 1° marzo prossimo: per il momento, Bruxelles ha accettato la stima italiana di un deficit 2013 fermo al 2,9%.
«Comunque, sotto il 3%», garantisce il presidente del Consiglio. Se nel 2014 non scattasse l'aumento dell'Iva e venisse prorogato il blocco dell'Imu sulla prima casa, i conti si appesantirebbero dello 0,5% di Pil. Insomma, il deficit tendenziale salirebbe oltre il 2,6%; ma sotto il 3%, che rappresenta l'impegno assunto da Letta davanti a Barroso.
Da un punto di vista tecnico è poi importante verificare quale sarà il deficit strutturale (a fronte di quello tendenziale) che scriverà il ministero dell'Economia nei prossimi documenti di finanza pubblica. Nel deficit strutturale, per esempio, non troverà spazio il mezzo punto di maggiore spesa per interessi, pagata per rimborsare la prima tranche dei debiti della pubblica amministrazione; così come il peggioramento determinato dalla riduzione del Pil.
Insomma, gli spazi per non far scattare l'aumento dell'Iva e il pagamento dell'Imu ci potrebbero essere. Male che vada, l'Italia potrebbe ricevere un early warning (un avvertimento) da parte della Commissione: soluzione non condivisa da Saccomanni.
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